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L’energia verde si fa in comunità

Comunita energetica

Nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, a Napoli, è sorta la prima comunità energetica e solidale d’Italia. Un progetto nato dal basso nel segno della sostenibilità ambientale e sociale, racconta Anna Riccardi, presidente della Fondazione Famiglia di Maria.

 

di Andrea Ballocchi

 

L’energia verde crea solidarietà, consapevolezza ambientale e giustizia sociale. Accade a San Giovanni a Teduccio, quartiere di Napoli dove è sorta da circa un anno la prima comunità energetica e solidale d’Italia. Un impianto fotovoltaico da 53 kW prodotti da 166 pannelli è il fulcro del progetto, promosso da Legambiente Campania e sostenuto finanziariamente da Fondazione con il Sud. È stato il primo a essere realizzato in attuazione del decreto “milleproroghe” 2020 che ha recepito la direttiva Ue 2001/2018 sulle comunità energetiche per progetti fino a 200 kW proposto da un emendamento di Legambiente e Italia Solare e che ha trovato il voto di tutti i partiti. Attualmente 15 famiglie sono collegate: il Gse ha ufficializzato la costituzione della Comunità Energetica. Ma a regime saranno coinvolte 40 famiglie.

Fondazione Famiglia di Maria ha messo a disposizione i tetti su cui sono stati installati i pannelli fotovoltaici e le famiglie che ne avrebbero potuto fare parte. «Esse sono state scelte per motivi tecnici quali residenti le cui abitazioni fossero allacciate alla stessa cabina elettrica della fondazione. Una volta individuati i nuclei famigliari, sono stati organizzati degli incontri in cui si è cercato di coinvolgerle, spiegandole l’intento del progetto e renderli partecipi», spiega Anna Riccardi, presidente della storica fondazione, che opera dalla fine del 1800 nel territorio di Napoli Est. Con la stessa presidente abbiamo voluto comprendere oggi come sta andando l’esperienza della comunità energetica e quale impatto abbia avuto su chi qui vi abita.

Comunità energetiche: che cosa sono e quali i vantaggi per chi partecipa

Prima però spieghiamo brevemente che cosa sono le Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Così come definite secondo specifica legge (28/2020), sono “soggetti giuridici autonomi, costituiti da soci/utenti collocati in prossimità dell’impianto di produzione di energia rinnovabile, che condividono, e mettono in rete, energia rinnovabile”, avvelandosi di incentivi. Nel caso specifico l’intervento proposto prevede la nascita della Cer composta dalla Fondazione Famiglia di Maria, che gestisce un centro socioeducativo nel quartiere, e da 40 famiglie in condizioni di disagio, residenti in appartamenti limitrofi alla fondazione e allacciate alla stessa cabina elettrica.

Il contributo dell’operazione, stanziato da Fondazione con il Sud, è di 100mila euro, necessario per installare l’impianto fotovoltaico, il cui costo è sostenuto in parte con le detrazioni fiscali previste. L’energia prelevata dai membri della comunità verrà considerata dal Gse – Gestore dei servizi energetici come “energia condivisa” e pertanto incentivata. «Nell’arco di 25 anni, che è il periodo di durata della garanzia dei moduli fotovoltaici, il totale degli incentivi ricevuti, detratte le spese di gestione, ammonterebbe a oltre 200mila euro. Si stima, inoltre, di generare un risparmio reale, in termini di minor energia elettrica consumata da tutti gli aderenti alla Cer, pari a circa 300mila euro», specifica la stessa Fondazione con il Sud.

 

 

Presidente Riccardi, può descrivere che cosa significa davvero la vostra Comunità energetica e solidale?

«San Giovanni Teduccio è al centro di questo progetto dove è nata la prima comunità energetica e solidale d’Italia. A mio avviso è l’aggettivo “solidale” che fa la vera differenza e che rende pieno il significato di fare comunità. Molto si è investito sulla formazione e sulla consapevolezza su adulti, ma anche con i bambini. Ogni settimana si tengono incontri di educazione ambientale volti a far conoscere concetti e significato di sostenibilità ambientale e sociale, di risparmio energetico, di attenzione ecologica dell’intorno. Un’attenzione che è valsa anche un’eco mediatica molto significativa e che ha portato un giovanissimo partecipante alla comunità, Gennaro Dragone, a essere insignito Alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella. L’undicenne ha promosso e partecipa attivamente al progetto volto a produrre energia pulita per alcune famiglie del suo quartiere, ma anche diversi suoi coetanei sono stati ricevuti e premiati dal sindaco di Napoli per il loro impegno».

 

Quale effetto ha avuto questo progetto?

«Ha avuto un effetto moltiplicatore di buone pratiche, a cominciare dal coinvolgimento attivo dei più piccoli. È un progetto che contribuisce alla lotta della povertà educativa, oltre che energetica, il cui risultato è offerto dalla consapevolezza delle famiglie del quartiere di quanto fatto. Una signora mi ha fatto capire il valore di quanto stavamo facendo: “presidente, a me piace questo progetto perché voglio lasciare ai miei nipoti qualcosa di buono per l’ambiente”. Questo racconta meglio di tante parole che cosa significhi fare transizione energetica».

 

Quali sono i primi benefici ottenuti?

«I benefici per le famiglie non arrivano come sconto in bolletta o sotto forma di risparmio energetico relativo al loro consumo, ma avviene sotto forma di compenso dalla vendita dell’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico. Ogni anno viene effettuato un bonifico dalla Cer alle famiglie che ne fanno parte. Esse continuano a pagare regolarmente la bolletta, ma beneficiano di un vantaggio economico pari a 150/180 euro annue a singolo nucleo. Ma il beneficio ottenuto è la consapevolezza maturata da queste famiglie di aver contribuito all’ambiente, grazie alla produzione di energia decarbonizzata».

 

Qual è il vero valore della Cer, secondo lei?

«La comunità energetica è parte di un percorso di sensibilizzazione e di attenzione all’ambiente. Tutto questo avviene in un territorio deturpato come quello di San Giovanni a Teduccio, che invece diventa il fiore all’occhiello di una città e che riesce a combinare sostenibilità ambientale e giustizia sociale. Il vero significato di questa operazione è il seme culturale instillato, che è germogliato a tal punto che per i residenti il tema dell’ambiente è divenuto una priorità. Sarebbe auspicabile che un’esperienza come la nostra, finanziata da privati, fosse invece sostenuta attraverso la pubblica amministrazione. Pensiamo alle potenzialità connesse alla realizzazione di impianti fotovoltaici installati sugli edifici comunali, regionali per creare comunità energetiche».

 

La trafila burocratica per ottenere il contributo è stata lunga?

«Tutto il percorso autorizzativo e burocratico è stato seguito da Fondazione con il Sud e dall’azienda installatrice. Per cui, per noi e per le famiglie, non ci sono stati aspetti complessi da seguire. Anche le eventuali problematiche dovute al tipo di edificio su cui è stato installato l’impianto fotovoltaico (che sorge sul tetto di un ex orfanotrofio di fine Ottocento, ndr.) sono state risolte. È stato, tutto sommato, un iter semplice. L’unico problema, legato alla burocrazia, è stato il ritardo di sette mesi dovuto a un problema sollevato dall’ufficio tecnico del Comune di Napoli, che ha bloccato l’iter dei lavori perché ravvisava un abuso che invece non sussisteva e che poi è stato superato. Così l’impianto è stato avviato lo scorso dicembre. E oggi è una realtà in pieno sviluppo».

 

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