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La forza del metodo S.U.C.C.E.S

Come possiamo far sì che i potenziali clienti ricordino i nostri annunci promozionali online?

Ecco le interessanti strategie di viral marketing ottenute con l’innovativo metodo S.U.C.C.E.S. Vediamo insieme di che cosa si tratta.

Di Silvio Russo

 

L’esplosione dell’e-commerce ha generato un aumento sostanziale della concorrenza in tutti i settori. Gli utenti sono esposti giornalmente, tanto sui social quanto sul web, a numerose e variegate campagne pubblicitarie. È fondamentale, al fine di incrementare le vendite della propria attività, affidarsi alla realizzazione di messaggi promozionali caratterizzati da un’elevata capacità di attirare l’attenzione.

Per questo motivo, prima di pubblicizzare un servizio e/o un prodotto, è importate rispondere a due domande basilari: come possiamo far sì che i potenziali clienti ricordino i nostri annunci promozionali on-line? Perché alcuni concetti rimangono impressi nella memoria e altri no? Il marketing ci propone delle risposte attraverso il metodo S.U.C.C.E.S., acronimo di Simple, Unexpected, Concrete, Credible, Emotional Stories. In questo articolo analizzeremo tali concetti uno per volta, soffermandoci sul modo in cui possono essere impiegati per la preparazione di una campagna pubblicitaria davvero efficace.

Simple

In prima battuta c’è la semplicità. Immaginate di dover comprare un nuovo portatile. All’interno del sito web dedicato viene elencata una lunga lista di specifiche tecniche: scheda PC di tipo I o II; base multimediale; durata della batteria; unità di archiviazione; dimensione della memoria Ram; tipologia di sistema operativo e molto altro ancora. Quest’enorme quantità di informazioni risulta piuttosto difficile da analizzare per la media dei consumatori, a meno che gli stessi non siano degli esperti di settore. Ma esistono modi più diretti per presentare al meglio un prodotto.

Immaginate ad esempio di vedere un video promozionale durante il quale un uomo sorridente inserisce un portatile in una busta da lettera. Dopo aver visto il video, non avete di certo maggior contezza del numero di opzioni modulari, delle porte di aggancio, delle diverse schede del PC in questione. Un’unica informazione si è fatta spazio nella vostra mente: il portatile è così sottile da riuscire a entrare in quella busta. Nessuna voce fuoricampo o nessuna scritta fornisce le reali dimensioni del computer.

D’altronde, non c’è affatto bisogno di ulteriori informazioni. Sappiamo tutti cos’è una busta per le lettere e tutti sanno quanto è sottile quel tipo di busta. Grazie al confronto con un oggetto comune ci rendiamo conto delle sue ridotte dimensioni in un modo ineguagliabile da qualsivoglia grandezza numerica. L’obiettivo di un messaggio pubblicitario è riuscire a focalizzare l’attenzione degli osservatori su un particolare. A tal fine, le analogie dimostrano di essere uno strumento ad alta utilità: non esauriscono quanto c’è da sapere su un prodotto, ma sono utili a sintetizzarne i tratti salienti.

Unexpected

Un modo per attirare efficacemente l’attenzione del pubblico è violare l’aspettativa che noi stessi abbiamo generato. Pensate a DoubleTree by Hilton: un brand di hotel per viaggiatori d’affari che rispecchia esattamente un’esperienza di viaggio nella norma. L’hotel ha camere discrete, ma non superlative, con asciugacapelli, tv piatta, campioni di sapone e bustine di doccia-shampoo in dotazione gratuita. C’è esattamente quello che ci si aspetta da un hotel funzionale, ma niente di straordinario rispetto al classico hotel d’affari. È durante l’operazione di check-in che DoubleTree rompe questo schema consuetudinario: al cliente vengono offerti biscotti appena sfornati, il che è molto insolito per la comune classe alberghiera. Un’azione così semplice potrebbe risultare banale sulla carta, ma tutti i clienti ricordano la catena DoubleTree per quei biscotti.

Concrete

Per facilitare la comprensione di qualsivoglia messaggio, è bene restare nei limiti della concretezza. Ad esempio, il linguaggio degli affari tende a risultare estremamente astratto. Cosa vi viene in mente, se per caso scrivo “cost based”? Probabilmente nulla di tangibile. E per far sì che una pubblicità colpisca nel segno, dobbiamo far in modo di ancorare le nostre idee alla realtà. La domanda chiave per rispondere a questo requisito è la seguente: si può visualizzare? Quando le persone chiudono gli occhi, saranno in grado di immaginare quello che sto dicendo?

Prendiamo la società Boeri, che fabbrica caschi da sci, e il cui fine ultimo è dimostrare l’efficacia delle proprie protezioni. Avrebbero potuto descrivere tutte le caratteristiche tecniche dei materiali utilizzati o la resistenza calcolata in migliaia di libbre per centimetro quadrato di pressione. Ma sapevano perfettamente che questo approccio non avrebbe funzionato. L’annuncio della Boeri punta dritto al bersaglio: ci sono dei polli sul nastro trasportatore di un impianto industriale atto a trasformarli in confezioni pronte per la vendita. Il pollo seduto in primo piano però ha un casco Boeri e la donna che lo affianca lo indica ammiccando verso il pubblico, palesemente compiaciuta della sua scaltrezza fuori del comune. È un modo divertente per trasmettere un’idea di solidità: i caschi Boeri devono essere davvero efficaci, se quel pollo non è stato fatto in mille pezzettini. Restituire in concreto un concetto astratto aiuta enormemente nella comunicazione mediatica.

Credible

Il quarto principio è rendere credibile ciò che annunciamo. Quando pensiamo di dover convincere la gente, la nostra tendenza predefinita è quella di ricorrere alle statistiche ufficiali. I numeri possono essere utili allo scopo, ma per rendere più impattanti le statistiche occorre contestualizzarle. Facciamo un esempio: mettiamo il caso di dover convincere la gente che i popcorn venduti al cinema contengono un’elevata quantità di grassi. Si potrebbe dire che una confezione di popcorn, con tutti i condimenti del caso, conta circa 37 grammi di grasso. La maggior parte di noi ignora quanti grammi di grasso sia consigliabile assumere ogni giorno.

Quindi non sa nemmeno se 37 grammi siano una quantità consigliabile in rapporto a un corretto apporto calorico. Se, invece, dicessi che una scatola di popcorn al burro e caramello di media grandezza contiene più grassi di una colazione a base di due croissant al cioccolato, un Big Mac accompagnato da un’abbondante porzione di patatine fritte, o una cena a base di bistecca con tutti i contorni combinati, si avrebbe sicuramente una buona concezione di quanto grasso contiene e, con ogni probabilità, non li mangeresti più.

Un vecchio annuncio pubblicitario ha fatto questo lavoro in modo molto efficace. Vendevano un prodotto per la colorazione dei capelli e volevano convincere la gente che l’utilizzo di quel prodotto li avrebbe resi più giovani. A tal fine hanno realizzato un’immagine pubblicitaria dove era raffigurato il volto di un uomo diviso in due metà: in una i capelli erano visibilmente grigi, nell’altra invece i capelli erano neri. Una frase sotto la foto incoraggiava la gente a mettere la mano sulla metà con i capelli grigi, valorizzando in questo modo l’altra metà.

 

Il marchio Clinique ha fatto la stessa cosa ma con un test su nastro. Chiedevano di prendere il prodotto e di spalmare un po’ di crema idratante su una delle mani. Successivamente si doveva premere un pezzo di nastro adesivo su entrambe le mani. Strappando il nastro, il consumatore poteva constatare con i propri occhi quante cellule epiteliali si erano staccate da una mano e quante dall’altra. Confrontando i risultati, facendo sì che le persone sperimentassero da sole, hanno fornito delle credenziali testabili ai singoli individui.

Emotional Stories

Abbiamo parlato di come rendere l’idea semplice, inaspettata, concreta e credibile. Ora, per terminare il processo, parleremo di come creare storie emozionali. L’obiettivo non è solo fare in modo che le persone ascoltino quello che diciamo, ma riuscire a generare un reale interesse nei confronti del nostro messaggio. Più le persone si preoccupano di ciò che diciamo, più si sentono coinvolte personalmente; più invochiamo le emozioni, più è probabile che la gente ricordi ciò che abbiamo detto. Non solo. Più una persona viene coinvolta emotivamente, più sarà alta la probabilità che condivida il nostro messaggio.

Ma quali emozioni, nel particolare, inducono a un tale risultato? Quando le persone si sentono arrabbiate o ansiose sviluppano una maggiore tendenza alla condivisione rispetto a quando sono tristi. Questo concetto è molto importante perché ci aiuta a spiegare molte delle dinamiche che osserviamo nel web. Vediamo una moltitudine di video divertenti su YouTube e si potrebbe pensare che la gente condivida solo cose divertenti. Aprendo un qualsiasi social, però, notiamo un elevato numero di condivisioni di sfuriate politiche, di persone che manifestano tutto il loro disappunto su un argomento. Potreste pensare che questi due stati d’animo siano molto diversi. In realtà sono abbastanza simili. In entrambi i casi, infatti, siamo all’interno di uno status di eccitamento, che genera inconsciamente un’elevata propensione alla condivisione, protagonista assoluta del Viral Marketing.

“La felicità è reale solo se condivisa”, viene affermato nel film Into the Wild – Nelle terre selvagge di Sean Penn, riprendendo una famosa riflessione sul concetto di felicità di Lev Tolstoj. In conclusione, non è sufficiente creare contenuti che includano solo informazioni funzionali. Bisogna studiare in modo scrupoloso le tendenze, gli stati d’animo e i desideri del nostro target di riferimento: solo certe condizioni emotive convinceranno le persone a diffondere il nostro messaggio. Sarà l’uso di queste emozioni contagiose e diffusibili a far sì che le persone trasmettano le nostre idee.

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