L’Europa sembra accogliere la proposta di Fitto. Non più solo 8 aree, ma tutto il Sud Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia.
di Ciro Iacovelli
La Zona economica speciale diventa unica, e comprenderebbe il territorio di tutte le Regioni meridionali, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna.
L’incontro tra il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr Raffaele Fitto e la vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, secondo le dichiarazioni ufficiali del governo italiano, avrebbe rappresentato un’apertura di credito concreto verso una proposta a lungo sostenuta dalle regioni meridionali quanto dagli operatori economici.
L’esperienza fin qui maturata dalle 6 aree speciali (e dalle 2 aree interregionali è stata caratterizzata da luci e ombre. Le procedure semplificate, i regimi procedimentali speciali e le misure di agevolazione fiscale (c.d. credito d’imposta Zes), non sono apparse sufficienti a imprimere una svolta sostanziale allo sviluppo produttivo e occupazionale del Mezzogiorno.
Pur con pregevoli eccezioni, ricordiamo a titolo esemplificativo il ruolo svolto dalla Zes Campania per la riconversione industriale e la tutela dei livelli occupazionali nella vertenza ex Whirpool di Napoli, le aree interessate da questa misura non hanno registrato una crescita significativa.
Le ragioni sono state molteplici. Ritardi amministrativi e burocratici nella loro stessa individuazione territoriale e istituzione, una competizione tra territori inclusi ed esclusi nella stessa area geografica caratterizzata dalla medesima condizione di arretratezza, piani strategici non coordinati e spesso in conflitto, assenza di coordinamento tra le Zes e le altre misure di sostegno allo sviluppo, a partire dal Pnrr e dalle programmazioni 2021/27 delle regioni.
Nelle intenzioni, l’area unica Zes individuata in tutto il Sud Italia dovrebbe porre un decisivo rimedio ai limiti fino ad oggi emersi.
In Europa gli esempi di buona pratica sono, in questo senso, molteplici, Polonia e Irlanda innanzitutto, dove la risposta di investimento privato interno ed estero è stata molto positiva e ha coperto una quota molto significativa dell’intera domanda.
Restano da capire molti dettagli, ovviamente. In primo luogo, come il governo intenda stabilire la governance della Zes Sud, in sostituzione delle attuali 8, e quale ruolo immagini in questa governance per Regioni, enti locali, autorità portuali, associazioni imprenditoriali e sindacali.
In secondo luogo, se le condizioni di vantaggio saranno le medesime sperimentate per quelle esistenti, e cioè la riduzione fino al 50% dell’imposta sul reddito di impresa e agevolazioni attraverso contratti di sviluppo per 250 milioni complessivi. La nuova e più consistente estensione della Zes renderebbe la cifra destinata ai contratti palesemente insufficiente.
In ultimo, se dal punto di vista strategico le aree interne possano rientrare nella logica originaria delle Zes, che riguardava in particolar modo la prossimità alle aree portuali e retroportuali e le reti Trans-Europee (Ten-T). Ulteriore verifica riguarda la possibilità di estendere temporalmente, rendendole strutturali, le forme di agevolazione e decontribuzione sul lavoro dipendente che attualmente riguardano il Sud. Siamo forse a un punto di svolta? Difficile affermarlo, ma senza dubbio la strada intrapresa sembra, su questo tema, quella giusta.