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Un buon libro ci salverà

In un’Italia divisa tra timori di guerriglia urbana e ripresa economica, anche il riaffacciarsi della cultura fa sempre più rumore. Alcune considerazioni sul Salone internazionale del libro di Torino appena concluso.

di Alessandro Canzian

 

Vita Supernova, questo il titolo della 33esima edizione del Salone internazionale del libro di Torino. Nato nel 1988 su iniziativa di Angelo Pezzana e Guido Accomero, durante l’evento d’apertura del primo anno il premio Nobel Josif Broskij l’ha definito “Un’idea luminosa con un pizzico di follia”.
Dal 14 al 18 ottobre in via del tutto eccezionale (nel 2022 riprenderà la calendarizzazione tradizionale a maggio), dopo il forzato stop dovuto al lockdown del 2020, il Salone è tornato con un inaspettato successo di pubblico che molto ha fatto parlare tra gli stand degli editori.
I numeri parlano da sé: 727 editori, 150mila visitatori, 3.500 pagine di rassegna stampa, 320 passaggi nei media tradizionali (radio e televisione), 3 milioni e 500 mila utenti Instagram raggiunti, 14 milioni quelli di Facebook. Una gestione, quella del direttore Nicola Lagioia, che ha assicurato un alto livello di sicurezza e che ha premiato anche dal punto di vista economico. Se infatti è presto per le statistiche di vendita degli editori (anche se alcuni parlano già di un 50% in più rispetto al 2019, fonte Salonelibro.it), sappiamo dall’Osservatorio alberghiero della Camera di commercio di Torino che durante le giornate della kermesse l’occupazione nel settore si è attestata all’84%, con un picco pari all’85,8% nella notte tra sabato e domenica.

Dalla dannazione dei dati fino a Dante

Un successo non privo di ombre, quasi metafora del Sistema Italia: infatti la piattaforma digitale, la app, come affermato a Repubblica dallo stesso ad del Salone del Libro Srl Piero Crocenzi, non di rado è risultata non disponibile per sovraccarico. Uno spaccato che da Torino ci ricorda quanta strada deve essere ancora fatta per la digitalizzazione del Paese.
Una Vita Supernova per una ripartenza all’insegna di Dante nel suo settecentesimo anniversario della morte, e nell’anno della ripartenza dell’impresa culturale italiana. O del suo auspicio. Perché se i dati presentati dall’Associazione Italiana Editori con la collaborazione di Nielsen IQ hanno mostrato una crescita del 30% rispetto al 2020 e del 16% rispetto al 2019, con un numero di copie vendute pari a 72 milioni di copie, non tutti gli attori del mercato editoriale confermano tale trend, che appare legato alla grande editoria e distribuzione.
Sempre dall’evento Aie viene l’analisi che nel 2020 ha registrato il sorpasso delle vendite online, per ovvie ragioni, su quelle nelle librerie. Dato che nel 2021 ha ritrovato la sua inversione di tendenza a favore di queste ultime con un lascito importante sul comportamento degli imprenditori culturali.
La rete infatti è sempre più vista come una possibilità di promozione positiva, che non prescinde (come non deve) da costi ma che può incontrare una nuova diffusione. Un’eredità giovane, da analizzare e da non dimenticare.
Di certo l’auspicio è che il Salone internazionale del libro di Torino non sia un’isola felice conclusa in sé ma un modello da seguire nelle sue eccellenze e criticità: sicurezza e digitalizzazione. In una vita supernova consapevole, inclusiva e capace di visione e innovazione.

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“La nostra mission consiste nel dotare i lettori di un magazine in grado di decifrare il vasto mondo della gestione d’impresa grazie a contenuti d’eccezione e alla collaborazione con enti pubblici e privati.”

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