Il Piano di Transizione 5.0 rappresenta un’evoluzione rispetto ai provvedimenti dell’industria 4.0, fungendo da catalizzatore per il passaggio all’industria 5.0.
di Stefania Annese
Il Piano dispone di circa 13 miliardi di euro per la transizione digitale nei prossimi due anni: 6,3 miliardi derivano dal piano appena approvato e 6,4 miliardi dalla legge di bilancio. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Alfonso Urso, ha dichiarato in una nota ufficiale che, oltre agli investimenti in beni strutturali, il piano è orientato anche alla formazione dei lavoratori, sottolineando che le competenze sono un fattore cruciale per il successo del Made in Italy.
Impatti della Transizione 5.0 sull’occupazione
Il principale obiettivo della Transizione 5.0 è di creare un sistema industriale che non sia solo efficiente e competitivo, ma anche sostenibile e centrato sulle persone. Investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze è fondamentale per garantire che i lavoratori possano adattarsi ai cambiamenti tecnologici e contribuire al successo delle imprese. L’introduzione di nuove tecnologie crea nuove opportunità di lavoro in settori come la robotica, la cyber security, la gestione dei dati e la manutenzione dei sistemi automatizzati. Inoltre la transizione verso un’economia sostenibile genera posti di lavoro legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica e alla gestione ambientale. In una nuova ottica di collaborazione uomo-macchina sarà fondamentale creare una forza lavoro in grado di collaborare con robot collaborativi e programmare, monitorare e mantenere questi sistemi.
Verso l’inclusività
I progetti verranno valutati in base alla presenza di elementi di innovazione, di impatto complessivo, di scalabilità e replicabilità, oltre che rispetto alla dimensione comunitaria delle soluzioni proposte. Saranno inoltre valutati positivamente l’orientamento all’impatto con esplicitazione delle metriche per la misurazione e la sostenibilità economico-finanziaria nel medio lungo periodo. Anche la dimensione tecnologica strategica del progetto e la composizione del team saranno elementi prioritari di valutazione, riconoscendo maggior valore a progettualità promosse da un team composto prevalentemente da giovani under 35 e da donne. I progetti dovranno in ogni caso contribuire alla transizione verso modelli inclusivi, capaci di tenere in considerazione i bisogni delle comunità e di contrastare la crescita delle disuguaglianze. All’interno di queste progettualità la dimensione digitale dovrà inoltre assumere una rilevanza strategica e non residuale, essendo oggi l’approccio al digitale imprescindibile per attivare le comunità, aumentare il coinvolgimento e il protagonismo delle persone.
Criticità occupazionali della Transizione 5.0
La rapidità dell’innovazione tecnologica può creare un divario tra le competenze attuali dei lavoratori e quelle richieste dalle nuove tecnologie. Molti lavoratori potrebbero trovarsi in difficoltà nell’adattarsi ai nuovi requisiti professionali: non tutti avranno accesso alle stesse opportunità di formazione e riqualificazione, specialmente quelli impiegati in piccole e medie imprese (PMI) con risorse limitate. A questo potrebbero aggiungersi disparità geografiche e settoriali come le aree rurali e meno sviluppate. L’automazione avanzata e l’uso di robot collaborativi potrebbero ridurre la domanda di lavoro umano in alcuni settori, specialmente per le mansioni ripetitive e manuali.
La preoccupazione
Corrado La Forgia, vicepresidente di Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica e direttore generale della Vhit di Offanengo, esprime preoccupazioni riguardo all’effettiva applicazione del piano. La Forgia sottolinea che l’applicazione pratica del piano Industria 4.0 non ha incrementato la produttività come ci si aspettava. Per garantire il successo delle Transizione 5.0 è necessario un approccio sistemico che coinvolga tutti gli attori del settore industriale e il governo e che superi le semplici misure incentivanti e affronti le sfide strutturali del settore.