La ricerca di Fondazione Italia Sociale fa il punto sui rapporti tra Terzo settore e mondo corporate mettendo in luce le antiquate modalità di relazione e l’assenza di strategie di medio-lungo periodo.
di Giuseppe Strangolo
Nata con lo scopo di aumentare le risorse private da dedicare a iniziative e progetti sociali per tutto il Paese, la Fondazione Italia Sociale, costituita con la legge di riforma del Terzo settore e vigilata dal Ministero del Lavoro, sviluppa ogni anno sviluppa un’indagine sui temi della filantropia e del rapporto tra non profit e impresa. Pochi giorni fa ha presentato la ricerca Terzo Settore e mondo corporate: conoscersi per collaborare meglio realizzata in collaborazione con Mediafriends che indaga sul rapporto esistente tra enti del Terzo settore e aziende.
I temi della sostenibilità sono infatti sempre più centrali nelle strategie d’impresa, sia per la consapevolezza dell’impatto sociale e ambientale che le aziende possono giocare, sia per il ritorno di reputazione su consumatori e investitori. La collaborazione con il Terzo settore sta quindi permettendo a molte aziende di fare un ulteriore passo in avanti nella crescita esercitando un impatto significativo sul bene comune e sul benessere delle comunità in cui operano. In questo scenario in progressiva evoluzione la fondazione ha deciso di fare il punto sullo stato dell’arte della collaborazione tra il mondo profit e il non profit con una doppia indagine di tipo qualitativo rivolta a entrambi i soggetti cercando di mettere in risalto le criticità e le opportunità di entrambi.
Sempre più corporate fundraising ma poca comunicazione
L’indagine mette in luce quanto il Corporate fundraising sia una strategia ormai piuttosto diffusa, ma che tuttavia non si improvvisa. L’85% degli enti del Terzo settore intervistati lo pratica, percentuale che sale al 95% se si considerano coloro che lo hanno sperimentato in passato ma senza i risultati sperati.
Dal lato delle aziende l’individuazione di referenti e aree dedicate ai rapporti con le organizzazioni del Terzo settore risulta eterogenea. Oltre la metà delle imprese intervistate (53%) non ha un’unica funzione incaricata, che viene per lo più relegata all’area Comunicazione e Relazioni esterne. Più funzioni trasversali se da un lato possono garantire sinergie all’interno dell’azienda, dall’altro rischiano di generare confusione negli enti non profit su quali canali e quali interlocutori interpellare. Non è un caso che la principale modalità di contatto utilizzata per raggiungere le aziende sia ancora la conoscenza diretta (65%).
Le fondazioni di impresa
Un ulteriore passo verso la stretta collaborazione tra imprese e Terzo settore è poi la fondazione di impresa. Il 40% delle aziende intervistate ha una fondazione corporate che le affianca nelle attività più specifiche di sostegno a progetti di impatto sociale, ambientale e culturale. E per oltre la metà degli enti non profit rappresentano l’occasione di avere contatti più facili e interlocutori più disponibili. In sostanza, la presenza di una fondazione a fianco dell’azienda è vista da entrambe le parti come un elemento positivo che facilita i rapporti e permette un impegno più focalizzato nella collaborazione con il Terzo settore.
Le modalità principali di sostegno
I contributi in denaro su progetti specifici sono il principale strumento (61%) con cui le aziende sostengono il Terzo settore. È comunque rilevante (31%) anche la percentuale di enti non profit che dichiara di ricevere dalle aziende contributi non vincolati a progetti specifici. Si tratta in ogni caso di risorse preziose per la loro programmazione e rappresentano un segnale di fiducia delle aziende.
Ma nonostante il corporate fundraising sia praticato dalla maggioranza degli enti, non sempre i risultati sono soddisfacenti, e ciò accade per diversi motivi. La principale motivazione (56%) delle organizzazioni intervistate che hanno dichiarato di non praticarlo è che hanno provato in passato ma a fronte di esperienze negative hanno preferito desistere. Le ragioni di questi fallimenti possono essere molte ed è evidente che raccogliere fondi da aziende da un lato non è un processo che si improvvisa, dall’altro è un’attività ancora molto legata a conoscenze personali, soprattutto quando si tratta di piccole organizzazioni con una struttura organizzativa non sufficientemente adeguata. Se è vero, quindi, che le conoscenze contano, tuttavia il corporate fundraising richiede una programmazione e una professionalità che non tutti gli enti di Terzo settore posseggono.
Come le aziende scelgono gli enti del Terzo settore
Anche le imprese alternando criteri oggettivi e conoscenze nella valutazione delle organizzazioni da aiutare. Il primo criterio è l’accountability intesa come impegno alla trasparenza e rendicontazione. Più della metà si affida a conoscenze dirette, ma tiene anche in forte considerazione la capacità di misurare l’impatto (47%). Gli enti non profit sono consapevoli di queste modalità, ma lamentano la mancanza di una strategia di medio-lungo periodo nei sostegni.
Una volta selezionati gli enti da sostenere, le richieste delle aziende non appaiono particolarmente stringenti e focalizzate sui progetti: la maggior parte chiede soprattutto attestazioni per la deducibilità fiscale (58%) e una lettera di ringraziamenti (53%), mentre meno della metà chiede la rendicontazione delle spese (47%). Tali richieste non preoccupano affatto gli enti, e le uniche difficoltà operative sono legate all’individuazione di indicatori di performance e metriche che non sempre sono applicabili ai progetti sostenuti.
Il volontariato aziendale
Dalle interviste con le aziende è emerso un forte interesse per le attività di volontariato di impresa, visto come uno dei principali strumenti di engagement e team building. Grazie al volontariato i dipendenti hanno la possibilità, da una parte, di mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze a favore di progetti sociali e, dall’altra, di sviluppare con il proprio team di lavoro relazioni positive anche al di fuori del contesto lavorativo.
Il volontariato aziendale è visto positivamente anche dal Terzo settore, soprattutto quando c’è passaggio di competenze (44%) e viene considerato come un ottimo canale per poi attivare raccolte fondi rivolte ai dipendenti (41%).
Principali criticità e vantaggi
Le domande centrali dell’indagine riguardano i punti di forza e di debolezza che aziende ed enti del Terzo settore percepiscono nella loro collaborazione. Dal punto di vista delle imprese le criticità principali sono la differenza nei tempi di realizzazione e gestione dei progetti uniti alla mancanza di un approccio manageriale che rende il Terzo settore un partner ancora debole e poco convincente in un’ottica di coprogettazione. Gli enti, di contro, individuano le principali criticità nelle donazioni di importo ridotto, nelle collaborazioni di breve respiro e in contatti sempre difficoltosi.
Al di là di questi dati che mostrano un rapporto piuttosto statico e sorpassato, ci sono tuttavia alcuni punti di riflessione interessanti che emergono dalla ricerca. Il primo riguarda i vantaggi e le opportunità offerte alle imprese dal radicamento territoriale e dalla conoscenza dei bisogni degli enti non profit. Un altro aspetto molto positivo è la progressiva fidelizzazione dei dipendenti e la crescita reputazionale dell’azienda agli occhi del vasto pubblico di clienti, fornitori e investitori.
Per gli enti del Terzo settore, oltre al sostegno economico, il principale valore aggiunto consiste nella possibilità di conoscere e farsi conoscere dal mondo profit e nell’opportunità di sperimentare approcci innovativi spesso mutuati proprio dall’ambiente aziendale.