In occasione della Festa della Mamma Save The Children ha pubblicato la nona edizione del Rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2024″, indagine che rappresenta la situazione delle donne in Italia che scelgono di diventare mamme e le sfide che questa scelta ancora comporta.
di Redazione
Le difficoltà maggiori nel 2023 sono legate ancora alla conciliazione vita lavoro per via del forte sbilanciamento tra carichi di cura e vita professionale, gli strumenti di sostegno alla genitorialità attivi nel nostro Paese. I dati del Rapporto riassunti nel comunicato stampa pubblicato lo scorso 8 maggio evidenziano come nel corso del 2023 l’Italia abbia raggiunto un nuovo minimo storico delle nascite, ormai stabilmente ferme al di sotto delle 400mila unità, con un calo pari al 3,6% rispetto all’anno precedente. Le donne italiane scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero. La popolazione femminile in età fertile, convenzionalmente definita tra i 15 ei 49 anni, è caratterizzata a un numero medio di figli per donna pari a 1,20, evidenziando una flessione rispetto al 2022 nel corso del quale il tasso rilevato era 1,24 e un divario ancora più marcato rispetto ai dati del 2010 quando il numero medio di figli per donna aveva raggiunto il massimo relativo registrato nell’ultimo ventennio ed era all’ 1,44. Una contrazione quella della natalità che accompagna il nostro Paese da decenni ormai e che inizia a riguardare anche la componente straniera della popolazione 2023 con meno 3mila nati rispetto al 2022.
La crescita dell’occupazione femminile
La partecipazione delle donne al mercato del lavoro risulta essere il fattore principale di crescita del tasso di fecondità. Un elemento molto importane e da tenere in considerazione in questo momento storico nel quale, grazie alle ingenti risorse del PNRR e della politica di coesione, nel nostro paese sono in atto una serie di riforme e di interventi volti proprio a ridurre l’alto divario di genere. In riferimento al mercato del lavoro in Italia i dati del Rapporto evidenziano come nel corso del 2023 il tasso di occupazione femminile (età 15-64 anni) sia cresciuto arrivando a raggiunger il 52,5%, crescita importante ma non sufficiente da avvicinarlo a quello della media dell’Unione Europea che nel medesimo periodo raggiungeva il 65,8%. La differenza tra il tasso di occupazione degli uomini e quello delle donne rilevato nel nostro Paese, invece, era di 17,9 punti percentuali, anche in questo caso una differenza maggiore rispetto a quelle rilevate a livello EU27 (9,4 punti percentuali) e seconda, di pochissimo, solo alla Grecia, dove la differenza è di 18 punti percentuali.
Enti territoriali ‘mother friendly’
Per le donne italiane il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia rimane il problema maggiore, in modo particolare, per coloro che svolgono lavori di cura e di assistenza non retribuiti. Le difficoltà legate alla conciliazione emergono dai dati relativi al numero di donne occupate nella fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà di quelle con due o più figli minori ha un impiego (57,8%). Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, con una variazione che va dal 77,3% per coloro senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due o più. Anche nel 2023 l’indice delle Madri elaborato dall’ISTAT per Save the Children rimarca le disparità presenti a livello territoriale dove troviamo la Provincia Autonoma di Bolzano in cima ai territori “mother friendly”, seguita da Emilia-Romagna e Toscana. Agli ultimi posti della classifica ancora una volta le Regioni del Sud dove troviamo Basilicata, Campania e Sicilia. Le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano, con alcune particolarmente lontane dalla quota 100. Calabria (92,671), Puglia (92,085), Sicilia (91,050), Campania (89,474) e Basilicata (87,441). Rispetto all’anno precedente migliora, invece, la situazione nella Regione Lazio che troviamo all’8 posto (guadagnando 5 posizioni rispetto al 2022) e nella Regione Lombardia che sale dall’8° al 4° posto.
Le disparità territoriali
Le disparità a livello territoriale a danno delle regioni del Sud d’Italia si rilevano in altre aree oggetto di indagine quale l’occupazione femminile ferma al 48,9% per coloro senza figli (sono il 79,8% al nord e 74,4% al centro) e in calo al 42% in presenza di figli minori, arrivando anche al 40% per le donne con due o più figli minori (al nord sono il 73,2% e al centro 68,3%). Nelle Regioni del Sud le medesime disparità si notano per gli uomini, anche se con valori diversi: gli uomini senza figli occupati arrivano al 61,5%, (sono 86,7% al Nord e 81,3%, al Centro), mentre quelli con figli minori raggiungono l’82,8% (96,7% al Nord e 94,5% al Centro). Relativamente alle dimissioni volontarie nel corso del 2023 è risultato che a dimettersi sono state principalmente le madri al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita, dato che mostra quindi come la nascita di un figlio vada ad incidere sulla disparità di genere nel mondo del lavoro. Anche rispetto alle motivazioni tra uomini e donne per le convalide, significativa è la differenza di genere di chi si dimette.
Le difficoltà
Per le donne la principale è risultata la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino/a. Al primo posto e per il 41,7% la difficoltà maggiore è attribuita alla mancanza di servizi di cura/assistenza, mentre per il 21,9% sono le problematiche legate all’organizzazione del lavoro ad aver inciso sulla scelta di dimissioni. Complessivamente, le sfide legate alla cura rappresentano il 63,6% di tutte le motivazioni di convalida fornite dalle lavoratrici madri. Per gli uomini, invece, la motivazione predominante, invece, è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli. Il gap di genere viene rilevato anche rispetto alla tipologia di contratto, il Rapporto mette in evidenza come nel nostro Paese mentre il lavoro a tempo pieno continui ad essere più diffuso tra gli uomini rispetto alle donne, accade l’opposto per il lavoro part-time. In generale nel nostro Paese solo il 6,6% degli uomini che lavora, lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi (15,4%) subisce un part-time involontario. Tra coloro che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale (36,7%) rispetto a quelle senza figli (23,5%). Tra gli uomini, invece, si passa dall’8,7% per chi non ha figli al 4,6% per i padri.
Il rapporto
Il Rapporto di Save the Children analizza anche la situazione negli altri paesi europei dove i problemi legati all’invecchiamento della popolazione e alla natalità preoccupano quanto in Italia, nello specifico il rapporto evidenzia come questi paesi siano riusciti ad intervenire attraverso riforme e interventi che hanno rallentato tali fenomeni tanto da portare ad esempio la Francia, nel 2023, al primo posto in Europa per tasso di natalità con un indice pari a 2 figli per donna e la Finlandia tra le prime per accesso ai servizi per la prima infanzia e adozione di strumenti conciliazione paritaria grazie alla tipologia di congedo parentale più innovativo d’Europa, che prevede l’allocazione simmetrica delle quote di congedo per ciascun genitore. La seconda parte del Rapporto, infine, illustra nel dettaglio i dati declinati a livello regionale dei 7 fattori presi in considerazione per la definizione dell’Indice: Demografia, Lavoro, Rappresentanza, Salute, Servizi, Soddisfazione soggettiva e Violenza.