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Riusciremo a fare Gol?

La riforma delle politiche attive del lavoro sostenute dal programma “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” dovrà essere discussa nei prossimi giorni in Conferenza Stato-Regioni. Un progetto ambizioso sul quale stanno però emergendo molti dubbi e perplessità. Mentre nelle piazze infuria già un autunno caldissimo.

di Giuseppe Strangolo

 

Il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori si propone come una grande novità nell’ambito delle politiche attive per il lavoro e soprattutto come strumento per aiutare lavoratori e aziende.
Il realtà il Gol era già stato proposto a fine 2020 in Legge di Bilancio e aveva in dote anche un bel po’ di quattrini: ben 233 milioni per il 2021. Uno stanziamento promettente. Ma il suo battesimo era mancato perché il relativo decreto ministeriale, da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio, non è mai stato varato.
Ora, agganciato al Pnrr, il Gol è ricompreso all’interno delle misure della missione 5 con un capitale disponibile ancora maggiore: la bellezza di quasi 4 miliardi e mezzo di euro (due terzi di 6,6 miliardi sono attribuibili al Gol), che salgono a 4,9 miliardi di euro per il quinquennio 2021-2025 se si sommano le risorse aggiuntive per le politiche di coesione del React-Eu. Un mare di soldi che non si capisce ancora come verranno impiegati.

Ma che cos’è il Gol
Il programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori ha il compito di intervenire attivamente sulle problematiche occupazionali attraverso una precisa profilazione, formazione e ricollocazione delle persone in cerca di lavoro o coloro che sono in una fase di transizione occupazionale. L’obiettivo è quello di raggiungere e coinvolgere almeno 3 milioni di disoccupati entro il 2025. Nelle previsioni del Ministero del Lavoro almeno il 75% di questi devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30 e lavoratori over 55. Almeno 800mila, infine, dovranno essere coinvolti in attività di formazione e il 40% di questi dovranno impegnarsi in percorsi di consolidamento delle proprie competenze digitali.
Possono usufruire del Gol i lavoratori in Cig, i beneficiari di Naspi, di Dis-coll, di Reddito di cittadinanza e soprattutto i lavoratori fragili o vulnerabili come i disabili, le donne in condizioni di svantaggio, gli over 55, i Neet, ma anche i disoccupati senza sostegno al reddito e i “working poor” cioè coloro che, pur lavorando, versano in condizione di disagio perché non godono di salari che si possano definire dignitosi.
Il programma Gol dovrebbe essere a breve formalizzato attraverso un Decreto interministeriale condiviso con gli assessorati regionali al Lavoro, il cui incontro era stato fissato entro la fine di questo mese di settembre. La condivisione con le Regioni è infatti fondamentale perché saranno proprio loro a farsi carico dell’attuazione del progetto tramite il supporto dell’Anpal, l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro.

Con l’autunno così caldo non si può più sbagliare
Ma c’è anche chi intravede una probabile débâcle di questo complesso strumento, che deve fare i conti con la lentezza e l’inefficienza delle diramazioni regionali dell’Anpal, oggi commissariata dallo stesso ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando. Una situazione piuttosto complicata e che non promette bene.
E in attesa del confronto sulla riforma attuata dal Gol in Conferenza Stato-Regioni, molti osservatori sollevano dubbi e perplessità sulla buona riuscita dell’intero progetto. Perplessità come quelle della giuslavorista Lucia Valente che, su LaVoce.info, sottolinea la necessità di raggiungere i target Pnrr negoziati con la Bruxelles in tema di sostegno attivo ed efficace all’occupazione, ricordando soprattutto le raccomandazioni europee relative alla fornitura di un sostegno personalizzato alle persone in cerca di lavoro, che comprenda “servizi di consulenza, orientamento e tutoraggio, valutazione e convalida delle competenze, assistenza nella ricerca di un impiego, sostegno all’imprenditorialità e, solo ove necessario, indirizzamento ai servizi sociali”.
Oppure perplessità come quelle di Antonio Mastrapasqua, ex presidente dell’Inps, che sulle pagine di Formiche.it propone di sostituire l’opaco ed evanescente Anpal con l’Istituto nazionale della previdenza sociale, straricco di competenze già pronte e disponibili, e con una presenza estremamente capillare su tutto il territorio nazionale. L’incarico all’Inps avrebbe “il vantaggio di gestire tutte le informazioni sulle politiche passive (erogando tutte le prestazioni del caso), favorendo gli incroci sempre auspicabili tra i diversi strumenti e programmi. La tanto contestata sovrapposizione di previdenza e assistenza potrebbe diventare un vantaggio competitivo in un Paese in cui le diverse amministrazioni pubbliche non parlano, hanno sistemi informatici diversi, richiedono ogni volta ai cittadini le informazioni già in loro possesso. Se per una volta tutto fosse recuperabile in un unico istituto pubblico, cioè l’Inps, potrebbe essere un vantaggio per i cittadini”.

Con l’autunno così caldo non si può più sbagliare
Insomma, la sensazione generale è quella della grande urgenza e soprattutto del timore di dover contare molti morti e feriti prima che la riforma sia davvero funzionante. Intanto il tempo stringe e con più di 80 tavoli di crisi aperti al Mise c’è davvero poco da scherzare. L’autunno si fa sempre più infuocato e tutte le parti sociali, dalle imprese ai sindacati, hanno ormai bisogno di certezza su date, risposte e strumenti operativi.

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“La nostra mission consiste nel dotare i lettori di un magazine in grado di decifrare il vasto mondo della gestione d’impresa grazie a contenuti d’eccezione e alla collaborazione con enti pubblici e privati.”

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