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Quel che resta del Runts

In attesa di una data di avvio definitiva, siamo arrivati alla quinta proroga per potersi iscrivere all’attesissimo Registro unico, fissata al 31 maggio 2022. Ma sono ancora molte le domande in attesa di una risposta chiara ed esaustiva. Cerchiamo di capire che cosa sta accadendo.

di Giuseppe Strangolo

 

Sembra una storia senza fine quella del Runts, il Registro unico nazionale per gli enti del Terzo settore, che avrebbe dovuto essere in pista la scorsa primavera e viene invece prorogato di un anno. Le Onlus, le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato avranno così tempo fino al 31 maggio 2022 per adeguare i propri statuti alla Riforma del Terzo settore attraverso le maggioranze delle assemblee ordinarie.
Questa è la quinta volta che il debutto del Runts viene rimandato. Il suo rinvio è contenuto all’articolo 66 del Dl 77/2021 del 31 maggio scorso, il cosiddetto decreto “Semplificazioni”, anche se di semplificazione qui c’è poca traccia. In base al Codice in vigore dal 3 agosto 2017, e stiamo parlando di ben quattro anni orsono, questo esordio avrebbe dovuto cadere a febbraio 2019, ma una serie di proroghe e di alibi ha continuamente spostato in avanti la fatidica data. Eppure il Runts (come anche il Codice del Terzo settore) era nato sotto i migliori auspici e raccoglieva preziosi suggerimenti per migliorare ed efficientare un mondo, quello del non profit, ancora un po’ troppo confuso, opaco, ma desideroso di un assetto più organico. L’obiettivo del Registro unico nazionale ha infatti l’obiettivo di raccogliere in un solo archivio, telematico e pubblico, tutti i dati riguardanti gli enti non profit, svolgendo un ruolo del tutto simile a quello del Registro per le imprese. È all’interno del Runts che verranno infatti radunati, per poi essere dismessi, i numerosi registri nazionali e locali delle organizzazioni non profit sparse sul territorio italiano.

I tanti vantaggi del Runts
Il Registro unico sarà suddiviso in sette tipologie: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali (incluse le cooperative sociali), le reti associative, le società di mutuo soccorso e gli “altri” enti del Terzo settore, dando spazio alle diverse anime del variegato mondo non profit.
La data per l’avvio delle procedure di registrazione di questi enti al Runts è una discriminante importante perché rappresenta una sorta di spartiacque tra un “prima” e un “dopo” giuridico. Come molti esperti hanno più volte osservato, l’inizio dell’operatività del Registro unico nazionale segna un momento fondamentale in cui da una pluralità di registri locali si passerà a uno solo, telematico e non più articolato su base territoriale, con l’eliminazione di ben 21 registri diversi tra Regioni e Province autonome.
I vantaggi sono molteplici: tanto per cominciare si tratta di un archivio interamente telematico e quindi pubblico e condivisibile tra i diversi uffici del Runts locali e i singoli enti. In secondo luogo si tratta di un registro che non permette più, come avvenuto finora, l’opzionalità; vale a dire che solo gli enti iscritti al Registro unico nazionale potranno definire se stessi come “enti del Terzo settore”, godendo di tutte le ricadute positive di tale qualifica. Per registrarsi basterà inoltre una verifica della regolarità formale della documentazione presso un notaio, riducendo, anche in questo caso, la burocrazia e il potere di controllo da parte delle Regioni.
Infine, ed è ovviamente questa la cosa che rileva maggiormente, soltanto gli enti iscritti potranno accedere ai benefici previsti dalla Riforma per gli enti del Terzo settore, che sono principalmente di natura fiscale e rappresentano aiuti economici connessi ai rapporti con gli enti locali. Stiamo parlando di quel complesso e ricco sistema di convenzioni con Comuni e Pubblica amministrazione previste dell’art. 55 e dall’art. 56 del Codice del Terzo settore; nonché dell’accesso ai fondi riservati agli Ets, come per esempio gli art. 72 e successivi relativi al finanziamento di progetti e attività di interesse generale.

Quel che non si dice
I vantaggi per le realtà del non profit sono notevoli e iscriversi al Runts è dunque una scelta virtuosa, perché significa accedere a un regime fiscale di favore e a molte opportunità di collaborazione e di finanziamento da parte degli enti pubblici. Ma allora perché tanta lentezza nel partire?
Alla base di quest’ennesima proroga c’è un probabile “non detto” relativo all’inerzia nell’introdurre un metodo di fiscalità che, senza l’avallo dell’Ue, rischia di far arenare il Registro e tutta la Riforma a esso collegata. Fiscalità e costi gestionali rappresentano infatti i cardini economici di molte realtà del Terzo settore. Nel momento in cui un’organizzazione non profit dovesse scegliere la forma giuridica di impresa sociale, dovrebbe infatti calcolare molto bene l’incidenza dei costi nel proprio bilancio sociale, pena la sua scomparsa dal “mercato” delle organizzazioni non profit. Un bel problema.
È per questo che tutti gli osservatori attendono con grande interesse il pronunciamento della Commissione europea sul nuovo regime fiscale. Il quale prevede, tra i tanti benefici, che i proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile dell’ente. Motivo per cui le relative entrate non vengono tassate.
Il problema è però che gli ultimi Governi succedutisi non hanno ancora sottoposto al vaglio della Commissione europea il documento relativo all’applicazione dei benefici fiscali per Ets e imprese sociali, adombrando quindi più di un sospetto sulla reale intenzione di procedere lungo la roadmap della riforma del Terzo settore. Insomma, più che una storia infinita, questo continuo rinvio del Runts sembra un’eterna tela di Penelope, fatta e disfatta per poter presto rimettere in discussione le basi della riforma stessa ed evitare che essa decolli davvero, riconoscendo agli Ets un fondamentale ruolo sociale, solidale e indipendente, del tutto complementare all’azione di intervento pubblico. Un po’ come dire che la politica (destra o sinistra, non fa differenza) tiene saldamente il freno a mano tirato per non perdere rendite di posizione e consensi in un ambito, quello “sociale”, che presidia da molti decenni e che non vuole perdere. Ma speriamo di sbagliarci, naturalmente, e che questa sia solo una sensazione.

La lettera dei professionisti non profit
Sdegnati e sfiduciati da questa lunga attesa, un gruppo di professionisti specializzati nella consulenza per il mondo non profit ha recentemente inviato al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro del Lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando una lettera di richiesta di chiarimenti. In essa si chiede sostanzialmente di spiegare pubblicamente le ragioni per le quali a oggi “non sono state ancora inviate le richieste di autorizzazione alla Commissione europea per l’applicazione di una parte consistente della normativa fiscale contenuta nel Codice del Terzo settore e nella nuova disciplina dell’impresa sociale, oltre ad annunciare una data certa di invio delle stesse”.
Quel che il gruppo di professionisti vuole sapere, oltre a una data di avvio definitiva e non più procrastinabile, è se sono previste modifiche della nuova disciplina fiscale per gli enti non profit e per quali ragioni non è mai stata inviata a Bruxelles la richiesta del via libera al documento.
La conclusione della lettera ribadisce infine che “indugiare ulteriormente rappresenterebbe un disastro per le organizzazioni e vanificherebbe gli sforzi fin qui fatti per dare un orizzonte nuovo all’economia civile del nostro Paese”.

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