Nella querelle sulla mancata approvazione di tutte le 31 opere infrastrutturali per l’irrigazione in Sicilia colpisce la grave approssimazione nel redigere progetti del valore di miliardi di euro.
di Giuseppe Strangolo
Un’amara sorpresa per i cittadini siciliani che ogni giorno si confrontano con una penuria d’acqua potabile e con tutti gli operatori della filiera agricola che combattono ad armi impari contro una siccità sempre più incalzante. Non solo, i dati Istat relativi al rapporto tra la quantità di acqua erogata in Sicilia e quella che giunge davvero a destinazione parlano di oltre il 50% di dispersione nel triennio 2018-2020. Uno spreco sempre più ingiustificabile.
E tutto questo accade mentre giungono gli allarmi accorati per una rapida desertificazione che potrebbe raggiungere il 70% del territorio nei prossimi anni, come ha denunciato proprio ieri il vicepresidente della Regione Siciliana e assessore all’Economia Gaetano Armao, elencando i drammatici effetti delle calamità naturali che hanno colpito ultimamente l’isola, dalle alluvioni agli incendi.
Che cosa è successo
La situazione disastrosa in cui versano le condutture e gli alti costi dell’acqua in Sicilia erano conosciuti da decenni. E proprio dal Recovery Plan doveva arrivare una spinta infrastrutturale per risolvere il problema dell’inefficienza delle reti idriche sicule, che rischia di mettere definitivamente in ginocchio il settore primario della regione, dalla produzione di agrumi all’orticoltura, dalla cerealicoltura alla viticoltura fino all’allevamento di bestiame. E invece…
La Sicilia è l’unica Regione che si è vista respingere tutti i progetti per i sistemi di irrigazione dei campi agricoli. E la cosa ancor più grave è che la qualità della progettazione delle domande era pesantemente inquinata da errori e sviste imperdonabili. Su 31 progetti bocciati, 12 non avevano l’indicazione della data di progettazione progetti, su altri 12 non era segnata la durata dei lavori, mentre per 27 progetti era stata inserita la data di verifica. Infine ben 17 progetti presentavano una durata di realizzazione delle opere superiore ai 30 mesi, tempi chiaramente inammissibili per via delle ovvie scadenze stringenti del Pnrr.
Nel novero delle opere non ammesse ci sono addirittura due importanti progetti, da 4,3 e 4,8 milioni di euro, che sono riusciti a non rispettare ben 16 criteri su 23, e altri 5 progetti monumentali, compresi tra gli 8 e i 4,3 miliardi di investimento, che non rispondono a 11 criteri.
La Regione che accusa il Ministero
L’inammissibilità dei progetti ha scatenato le reazioni più sdegnate ai vertici della Regione, che ha immediatamente attaccato il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli accusandolo di avere un occhio di riguardo per le regioni del Nord e di “scadere in valutazioni sommarie” a tutto svantaggio della Sicilia. Tanto da richiedere un’interrogazione parlamentare alla quale il ministro non ha mancato di rispondere per le rime, enumerando la lunga serie di errori nella progettazione dei documenti di ammissione.
Il ministero ha tuttavia mostrato anche la possibilità di porre rimedio a questi strafalcioni reinserendo alcuni progetti in un’altra tranche di opere finanziabili, per un totale di 440 milioni, messi a disposizione dalla legge di stabilità e che quindi non saranno soggetti alle scadenze stringenti del Pnrr.
Ciò non toglie che gli errori ci sono stati e anche gravi, e le domande a questo punto sono molte. Come è stato possibile redigere documenti così importanti (stiamo parlando di opere per miliardi di euro!) inanellando una serie di errori così banali? Chi ha guidato la redazione e l’approvazione di questi progetti nell’ente regionale aveva le giuste competenze? Si è forse sempre fatto così, e solo ora ci si accorge di essere inefficienti nella formalizzazione di documenti tanto sensibili e vitali? Insomma, se questo è il livello qualitativo della progettazione in una regione importante come la Sicilia, oltretutto a statuto speciale, c’è davvero da rimanere impressionati, se non spaventati.