L’azione pubblica può avvalersi del contributo del Terzo settore per realizzare progetti che integrino attività sociali, culturali ed economiche. Ma deve farlo in fretta, perché il tempo stringe. Ci riuscirà?
di Gianluca Brignola
Approcciarsi al Pnrr dal punto di vista del Terzo settore può risultare un’operazione tutt’altro che di facile lettura. L’impostazione generale data dall’accezione italiana del Recovery Fund è sicuramente in linea con gli obiettivi di coesione sociale e inclusione del Terzo settore, ma per entrare maggiormente nel dettaglio è necessario concentrarsi sulla Missione numero 5, “Inclusione e coesione” per l’appunto, e in particolare sulla componente dedicata alle infrastrutture sociali, alle famiglie, alle comunità.
Un po’ di numeri
L’incognita principale riguarda i tempi. Le opere dovranno infatti concludersi tassativamente entro il 31 marzo del 2026. E non sembra che gli enti locali siano attrezzati per presentare i progetti in tempi brevi insieme a tutta la documentazione richiesta per accedere ai finanziamenti. Ciononostante l’occasione è ghiotta, e va percorsa con decisione.
In termini di risorse parliamo di 11,17 miliardi di euro, mentre in obiettivi pratici tutto dovrebbe andare a tradursi in circa 50 interventi legislativi: politiche familiari, legge quadro o codice per la disabilità, riforma degli interventi a favore degli anziani non autosufficienti.
Nella definizione ed esecuzione dei progetti a valenza sociale e territoriale di questa missione sono protagonisti i comuni e in particolare le aree metropolitane, dove le condizioni di disagio sociale e di vulnerabilità sono più diffuse. Il coinvolgimento degli enti locali è fondamentale per assicurare anche il finanziamento a regime dei nuovi servizi forniti che dovrà, nel corso della programmazione del Bilancio dello Stato dei prossimi anni, essere opportunamente rafforzato. L’azione pubblica potrà, e per forza di cose dovrà, avvalersi del contributo del Terzo settore. La pianificazione in coprogettazione di servizi sfruttando sinergie tra impresa sociale, volontariato e amministrazione, consente di operare una lettura più penetrante dei disagi e dei bisogni al fine di venire incontro alle nuove marginalità e fornire servizi più innovativi, in un reciproco scambio di competenze ed esperienze che arricchiranno sia la Pa sia il Terzo settore.
Quale sarà il raggio d’azione
Mezzo miliardo di euro è previsto per il sostegno alle persone vulnerabili ai fini della prevenzione e dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, allo stesso modo, le stesse cifre per la realizzazione di percorsi di autonomia per persone con disabilità mentre 450 milioni andranno all’housing temporaneo e stazioni di posta.
Tra gli obiettivi posti dal Piano di ripresa e resilienza ci sono due importanti e fondamentali riforme: la legge quadro per la disabilità e il sistema di interventi in favore degli anziani non autosufficienti. Gli interventi previsti interessano le persone più fragili, nella loro dimensione individuale, familiare e sociale. Il fine è prevenire l’esclusione sociale intervenendo sui principali fattori di rischio individuale e collettivo, in coerenza con quanto già programmato nella prima componente e assicurare il recupero della massima autonomia delle persone.
Anche lo sport entra in tale componente attraverso una declinazione che guarda, ovviamente, all’inclusione sociale con interventi quantificati in 700 milioni di euro finalizzati a favorire il recupero delle aree urbane puntando sugli impianti sportivi e la realizzazione di parchi urbani attrezzati, al fine di favorire l’inclusione e l’integrazione sociale, soprattutto nelle zone più degradate e con particolare attenzione alle persone svantaggiate.
L’obiettivo della rigenerazione urbana
Ma la parte preponderante delle risorse della Missione, o meglio, di questa specifica componente, ricade inevitabilmente sulla rigenerazione urbana e l’housing sociale, con circa 9 miliardi di euro, e in particolare per investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché per i piani urbani integrati. Tali interventi potranno avvalersi della coprogettazione con il Terzo settore ai sensi dell’art. 55 decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (Codice del Terzo settore, a norma dell’art.1, comma2, lettera b) legge 6 giugno 2016, n.106) e la partecipazione di investimenti privati nella misura fino al 30%.
Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti allo scopo di migliorare la qualità della vita promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità un’identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche con particolare attenzione agli aspetti ambientali. L’investimento prevede la predisposizione di programmi urbanistici di rigenerazione urbana partecipati, finalizzati al miglioramento di ampie aree urbane degradate, alla rigenerazione, alla rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e al miglioramento dell’accessibilità e dell’intermodalità delle infrastrutture anche allo scopo di trasformare territori metropolitani vulnerabili in territori efficienti, sostenibili e produttivi aumentando, ove possibile, il loro valore.