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Isuschem: come creare inchiostri e cosmetici da olii esausti

inchiostri Isuschem

La startup napoletana lanciata da un gruppo di ricercatori di Chimica e Chimica Industriale della Federico II di Napoli ha messo a punto un sistema brevettato che utilizza olii di scarto per realizzare nuovi prodotti.

 

di Andrea Ballocchi

 

Fare propri i principi dell’economia circolare e trasformarli da teoria a realtà è facile a parole. Ma per tradurli in pratica e creare condizioni tali da avviare un’impresa occorrono capacità, competenza e intuizione. Con Isuschem si può parlare anche di serendipità, ovvero della capacità, o fortuna, di fare scoperte inattese, specie in campo scientifico, mentre si sta cercando altro. Nel caso della startup innovativa italiana, la scoperta “casuale” è nata dalla volontà di trovare un metodo per trasformare olii esausti in nuovi prodotti grazie alla chimica verde. In particolare sono riusciti a generare idee brevettate per inchiostri da stampa (e prodotti per superfici come vernici e pitture) e cosmetici. Grazie alle idee e al sostegno offerto da finanziamenti Invitalia e Intesa San Paolo / Ellen Mc Arthur hanno potuto avviare e concretizzare la loro realtà.

Startup e spinoff: cos’è Isuschem

Isuschem è una startup innovativa sviluppata come spinoff universitario da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Chimica e Chimica industriale della Università Federico II di Napoli e da giovani imprenditori locali. «Siamo un’azienda innovativa che si occupa di chimica sostenibile, più conosciuta come “green chemistry”, e lo facciamo con cognizione di causa perché i gruppi di ricerca (Metor e Nicl) che hanno dato vita allo spinoff si occupano di chimica verde dal 1999», racconta Vincenzo Benessere, Ceo della startup e attuale responsabile scientifico.

Negli anni il team di ricerca ha fatto parte di alcuni cluster tecnologici con colossi della chimica verde come Novamont, focalizzando l’interesse sull’utilizzo degli olii di scarto non edibili e ottenendo per questo finanziamenti pubblici. Gli olii oggetto della ricerca sono quelli di cardo e tabacco, specie vegetali in grado di rigenerare il suolo dove vengono coltivate. Insieme agli olii non edibili entrano nel processo di studio anche gli olii dei ristoranti, vale a dire quelli di frittura vegetali esausti. «Il concetto di base è lavorare sulla biomassa di terza generazione, che non è in competizione con la filiera alimentare ed è uno scarto perfetto». Nel fare questo il team dei chimici si è accorto che uno dei prodotti proveniente dagli scarti poteva essere esterificato, ossia poteva essere ulteriormente modificato per dare vita a solventi.

Idea, intuizione, casualità: così sono nati prodotti unici al mondo

Da qui nasce l’invenzione, frutto anche del caso, ma forse è più giusto parlare di serendipità: alcuni esteri (composti organici prodotti da una specifica reazione) di questi acidi grassi derivanti dall’acido pelargonico sono tra i solventi più efficaci per alcuni tipi di resine, impiegati per inchiostri, vernici, pitture e in cosmetica. «Questi composti organici non sono mai stato oggetto di interesse del mercato, perché gli esteri di acidi grassi che derivano sostanzialmente da fonti fossili o vegetali, che però competono con la filiera alimentare (come olio di palma o di colza), non sono mai stati ad atomi di carbonio dispari», spiega Benessere. Gli esteri da acidi grassi prodotti da fonti fossili o da fonti vegetali competitive con gli alimenti hanno infatti un numero pari di atomi.

L’interesse del team di ricerca si è così concentrato su questi composti, del tutto nuovi per il mercato: nell’ambito del trattamento di olii esausti, questa frazione particolare di esteri a numero di atomi dispari erano a loro volta uno scarto generato dalla conversione di una materia a sua volta di scarto. Insomma, niente poteva essere più circolare di così. «Su questo prodotto ci siamo soffermati e abbiamo trovato e brevettato applicazioni basate su solventi senza precedenti al mondo e dalle ottime caratteristiche per realizzare inchiostri, vernici e solventi».

Inchiostri a base di solventi vegetali, un mercato con grandi opportunità

La forza di quest’idea è data dalla possibilità di trovare spazi importanti in un contesto, quello degli inchiostri da stampa, la cui domanda europea è di un milione di tonnellate di cui 250mila tonnellate con inchiostri formulati a base di solventi vegetali (fonte: Eupia 2021). Su quest’ultima richiesta offre una risposta Isuschem, contribuendo anche a ridurre l’impatto ambientale del packaging alimentare.

La startup oggi conta due brevetti. Il primo è sui prodotti costituiti dagli esteri ricavati dalla frazione di acido grasso proveniente da olii di scarto, per realizzare inchiostri, vernici e pitture. Il secondo brevetto riguarda invece il processo di produzione di questi esteri. A tal proposito Isuschem ha realizzato un catalizzatore a basso costo, ampiamente disponibile e riciclabile. «Alla base del catalizzatore c’è l’ossido di zinco. Viene impiegato per realizzare il materiale cementizio, non costa niente ed è ampiamente disponibile», spiega il Ceo. «Inoltre non incide sull’industria di estrazione dei metalli perché lo zinco è disponibile ovunque sulla crosta terrestre. Infine, al termine della reazione, viene riciclato più volte fino a quando è ancora in grado di funzionare. Alla fine della sua attività, il prodotto esausto può essere impiegato sotto forma di sale come filler nell’industria cementizia».

Economia circolare in Campania: una risposta forte alle ecomafie

Le soluzioni messe a punto da Isuschem possono essere lette con una connotazione positiva per tutto il territorio. È possibile agire, lavorando alla sostenibilità, in un contesto, quello campano, troppo spesso additato per l’attività delle ecomafie e per la Terra dei Fuochi. «Noi crediamo fortemente che, per attuare un’idea di economia circolare, essa debba essere realizzata a livello locale. Se il costo, in termini logistici, di trasferimento di scarti/sottoprodotti è appesantito dalla necessità di doverlo trasportare a centinaia se non a migliaia di chilometri, diventa oneroso e poco sostenibile. Il discorso cambia se invece si sviluppasse una filiera virtuosa in Campania. L’economia circolare di prossimità, sotto forma anche di coltivazione di piante benefiche per i terreni, come quelli abbandonati dopo essere stati abusati da roghi e sversamenti, come appunto sono il cardo e il tabacco, unito al riutilizzo degli oli di scarto ha una valenza trasformativa del territorio. Questa è la prospettiva progettuale su cui puntiamo nel futuro».

A proposito di futuro, quello più vicino vedrà impegnata Isuschem in un’ulteriore crescita. «Nel 2023 puntiamo a un aumento della produzione, con l’entrata in funzione dell’impianto da 300 tonnellate, per il settore inchiostri e della grafica. L’impegno più consistente sarà focalizzato sulla cosmetica. Stiamo infatti mettendo a punto i prodotti finali per avviare le condizioni di un mercato ad alto valore aggiunto. A livello di ricerca e sviluppo, inoltre, l’attenzione è rivolta ai derivati dell’acido lattico, in particolare agli scarti dell’industria lattiero casearia, utili per generare sostanze utili per produrre detergenti e tensioattivi».

Il contributo dei finanziamenti pubblici

Per sostenere lo sviluppo della startup sono stati determinanti i finanziamenti Smart&Start Italia di Invitalia e il fondo legato alla Circular Economy Startup Initiative di Intesa Sanpaolo e la Ellen MacArthur Foundation (ottenuti entrambi nel 2021). Il primo è un finanziamento agevolato a tasso zero, senza alcuna garanzia, a copertura dell’80% delle spese ammissibili. «Smart&Start Italia è intervenuto in maniera cruciale per avviare la costruzione dell’impianto, fornendo un sostegno fondamentale. Ha inoltre agevolato anche altre spese per la ricerca. Il restante 20%, utile per coprire spese imprenditoriali e impiantistiche, è stato coperto totalmente grazie al secondo finanziamento. Come soci abbiamo dovuto procedere a una sensibile iniezione di liquidità con fondi personali, ma è stata fatta grazie al legame col capitale circolante».

Oltre ai finanziamenti, la sinergia industriale si è rivelata il secondo fattore determinante per contribuire alla crescita della realtà innovativa.

Il ruolo della Regione Campania

La Campania, terza regione più importante per numero di startup attive, si è dimostrata attenta allo sviluppo di realtà innovative come Isuschem? «Sotto l’aspetto della diffusione e circolazione delle idee delle startup è molto attiva. Come abbiamo potuto notare positivamente, sostiene una serie di incontri a livello locale con imprenditori. C’è una grande dinamicità in Regione e su questo può tranquillamente competere con Lombardia e Veneto. Dove invece si notano delle carenze è sull’aspetto infrastrutturale. Le Asi (Aree di sviluppo industriale), di competenza della Regione Campania non hanno a disposizione infrastrutture pronte per una startup. Gli allacci di corrente, acqua e internet andrebbero inseriti in un programma di sviluppo regionale con delle aree Asi dedicate al sostegno e all’avvio delle startup. Se ripercorro la nostra storia imprenditoriale, abbiamo dovuto sostenere uno sforzo importante per far fronte a spese di avvio consistenti, dal noleggio del capannone alle utenze basilari».

Questo tipo di problemi, in qualche modo, si ravvisa anche nella finanza agevolata: «Se, da una parte, le misure di finanziamento prevedono ancora il meccanismo della rendicontazione, assolutamente legittimo per assicurare una certa trasparenza, dall’altra, tuttavia, l’erogazione dei fondi è condizionata dallo stato di avanzamento dei lavori (Sal). All’inizio però è difficile pensare che una startup abbia capitali in grado di sostenersi. Servirebbe quindi una finanza agevolata mirata per le startup, con una maggiore responsabilità sulle questioni contabili, ma dove alcuni fondi vengano anticipati in modo da garantire un sostegno efficace. Certo, servirebbero parametri più stringenti, ma sarebbero comunque utili se vengono agevolate le spese».

 

 

 

 

 

 

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