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Il Mandorlo: rifioriscono gli antichi mestieri salentini

Una bottega ad alto impatto sociale per il reinserimento lavorativo di giovani disoccupati che riscoprono l’arte del “saper fare con le mani” grazie al sostegno del Fondo di Beneficenza di Intesa Sanpaolo.

di Marianna Iacoviello

La cooperativa Il Mandorlo opera dal 2000 sul territorio leccese occupandosi principalmente dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, promuovendo numerosi progetti e iniziative solidali. Particolarmente sensibile ai temi ambientali, cerca quotidianamente di diffondere nella comunità locale il senso del risparmio e del riuso, prospettando l’usato di vario genere come risorsa ancora utile, piuttosto che come rifiuto da eliminare.
Grazie alla capacità di collaborare in sinergia con altre istituzioni e alla costante ricerca di strumenti volti a creare valore alla propria collettività, la cooperativa è riuscita a beneficiare di un contributo da parte di Intesa Sanpaolo, come ci racconta Salvatore Esposito, coordinatore progettuale della stessa.

Per la sostenibilità delle attività è fondamentale cercare di diversificare le fonti di finanziamento. Quali sono le attività che sostenete maggiormente e quali strategie intendete implementare in futuro per la raccolta fondi?
«La cooperativa ha una vocazione educativa e coinvolge i maestri artigiani nell’insegnamento e accompagnamento di giovani e persone fragili attraverso dei laboratori artigianali per la realizzazione di manufatti anche con il recupero di materiale di scarto. Per il progetto la “Bottega degli artigiani” abbiamo ricevuto un significativo sostegno economico da parte della Fondazione Prosolidar che ha permesso l’acquisto di dotazione strumentale e ha integrato il contributo ricevuto dal Fondo di Beneficenza di Intesa Sanpaolo. Il nostro obiettivo è quello di ampliare quest’attività su tutto il territorio e promuovere sinergie in modo da fornire un servizio strutturato per la formazione e l’inserimento lavorativo. Il tutto supportato da un partenariato tra aziende, terzo settore e soggetti pubblici che, in una logica sistemica, riescano ad assistere in maniera costante le fasce più deboli nell’inserimento nel mercato del lavoro. Abbiamo in tal senso attivato il “Mercatino dell’Artigianato”, una vetrina e un punto vendita dei prodotti realizzati dai laboratori artigianali e stiamo progettando degli “Orti sociali” a servizio della comunità. Per riuscire a realizzare azioni sostenibili e continuare a sviluppare una rete d’aiuto per i giovani fragili e disoccupati, stiamo rafforzando l’attività di fundraising, sia individual che corporate, non solo attraverso semplici richieste di donazioni ma anche promuovendo il coinvolgimento e la partecipazione alle attività progettuali. Oltre alla ricerca e partecipazione a bandi specifici e il supporto all’attivazione di progetti che producano risultati immediati alla nostra comunità, stiamo cercando di individuare nuove modalità e strumenti idonei a sperimentare idee più innovative nell’ambito dell’inclusione sociale».

Lei ha parlato di una “logica sistemica” a supporto di azioni sinergiche tra diverse istituzioni. Quanto è importante oggi la collaborazione tra i vari enti per la diversificazione delle entrate e il successo delle proposte progettuali?

«Sin dalla sua nascita, la Cooperativa opera in stretta sinergia con l’Associazione Comunità Emmanuel Onlus, realtà molto attiva nel territorio leccese, con cui ci occupiamo della gestione dell’Emporio Solidale e dell’elaborazione e realizzazione dei percorsi formativi. La collaborazione tra enti e la realizzazione di reti è l’elemento fondamentale per il successo di tutte le nostre attività progettuali ed è ciò che ci caratterizza maggiormente perché crea valore non solo da un punto di vista economico e gestionale ma anche e soprattutto fornisce supporto all’orientamento imprenditoriale, arricchendolo con proposte innovative che producano un impatto per il tessuto sociale a cui apparteniamo».

Lo Statuto di Intesa Sanpaolo prevede la possibilità di destinare, tramite il “Fondo di Beneficenza e opere di carattere sociale e culturale”, una quota degli utili alla beneficenza e al sostegno di progetti che hanno come riferimento la solidarietà, l’utilità sociale e il valore della persona. Grazie a questo contributo siete riusciti a realizzare la “Bottega degli artigiani”, un programma di promozione degli antichi mestieri tra i giovani disoccupati. Che tipo di supporto avete ricevuto da Intesa Sanpaolo oltre a quello?

«Il supporto da parte di Intesa Sanpaolo è stato fondamentale in quanto ci ha sostenuto non solo economicamente ma anche attraverso momenti di consulenza e di confronto al fine di garantire il buon andamento delle attività e restando sempre al servizio dell’idea progettuale. Grazie all’indiscussa professionalità dei loro manager, abbiamo avuto uno stimolo costante a proseguire lungo una strada all’inizio in salita ma non certo impossibile. È stata un’iniezione di fiducia, di speranza per l’organizzazione e per i tanti giovani che chiedono solo di essere ascoltati, di non essere dimenticati e lasciati soli. Giovani che si sono messi in discussione imparando con serietà ed entusiasmo gli antichi mestieri, riscoprendo il “saper fare con le mani”, doti manuali e creative che non immaginavano di possedere. Questo ha permesso loro di capire che il lavoro non sempre si deve cercare ma si può anche creare. Mentre il nostro compito è quello di continuare a riempire la “cassetta degli attrezzi” con gli strumenti giusti e proseguire indicando loro la strada corretta da percorrere».

Il Fondo di Beneficenza si focalizza sul sostegno ad attività le cui tematiche siano particolarmente rilevanti e urgenti. E quindi non tutte le richieste di liberalità hanno esito positivo. Come nasce quindi un buon progetto e quali sono stati gli elementi che hanno generato un valore aggiunto alla vostra proposta?

«Un buon progetto nasce sempre da un’idea che possa realmente portare a risultati per la collettività. La nostra “Bottega degli artigiani” nasce dall’esperienza quotidiana sul campo, che ci ha fatto comprendere il bisogno e l’urgenza di creare nuove opportunità occupazionali. Non potevamo lasciare spazio alla retorica e dovevamo agire. Le nostre parole chiave sono state: accoglienza, ascolto, prossimità e persona. Abbiamo così deciso di puntare sulla formazione e abbiamo avviato corsi di falegnameria, ceramica, cartapesta e sartoria dedicati ai giovani che avevano perso il lavoro. Lo abbiamo fatto cercando di promuovere quei mestieri che rappresentano le radici della nostra identità salentina che possono costituire un volano di aggregazione e crescita di competenze tecniche e soft skills per un più veloce reinserimento lavorativo. Ritengo inoltre che un progetto non può avere futuro se non vengono coltivate le relazioni. Mi ritrovo infatti molto nelle parole dell’economista sociale Stefano Zamagni: “abbiamo bisogno di sostenibilità nella relazione tra uomo e natura, nella relazione tra uomo e uomo, ma anche nella relazione tra utilità e felicità. Per questo, la sostenibilità è un paradigma relazionale”».

Che consiglio si sentirebbe di dare a tutti gli Enti del Terzo settore che vorrebbero presentare richieste di finanziamento a Intesa Sanpaolo o altri istituti erogatori?

«Un consiglio che ci sentiamo di dare agli Ets che vogliono formulare una richiesta di finanziamento è di partire sempre dai bisogni del territorio e mai dalla semplice opportunità di reperire risorse. Il primo passo che noi operatori sociali dobbiamo compiere è quello di realizzare una programmazione che riesca a soddisfare le esigenze delle persone che chiedono il nostro aiuto e non il contrario. È necessario che gli obiettivi siano ben definiti e che si individui una strategia di lungo periodo in grado di generare nuovo valore nel tempo. E poi non bisogna aver timore di confrontarsi con grandi istituti erogatori anche se si ricevono risposte negative. Consiglio infine di riuscire ad apprendere dai propri errori senza dimenticarsi che le proposte hanno maggiore possibilità di successo se si è aperti alla costruzione di relazioni umane e professionali».

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