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Galleria dell’Accademia: un museo a prova di futuro

Gli importanti lavori svolti in questi anni hanno migliorato sensibilmente uno dei musei più visitati in Italia. Merito di Cecilie Hollberg, la direttrice che illustra pregi e limiti della gestione museale.

 

di Andrea Ballocchi

 

Chi non conosce il David di Michelangelo? È tra le sculture più famose al mondo, più copiato (ci sono almeno trenta repliche a grandezza naturale in tutto il globo) e più studiato come canone di bellezza maschile. È esposto alla Galleria dell’Accademia di Firenze, oggi il secondo museo più visitato d’Italia. Per quanto pregevolissimo, non è certo l’unica opera d’arte da ammirare. Tutt’altro: il museo statale, di proprietà dell’odierno ministero della Cultura, conta il maggior numero di sculture di Buonarroti al mondo presenti (ben sette). Non solo, vanta la raccolta più vasta e importante al mondo di opere pittoriche a fondo oro. Tra gli spazi sottoposti in questi ultimi anni a un profondo rinnovamento c’è la gipsoteca, in un nuovo allestimento curato da Cecilie Hollberg, la direttrice che dal 2015 è alla guida della Galleria. Tedesca di origine, ma studi condotti in patria e in Italia, prima del museo italiano ha diretto lo Städtisches Museum Braunschweig. Ha il merito di aver aumentato la visibilità dell’Accademia di Firenze, ma soprattutto di aver guidato i lavori per rinnovare e migliorare la sicurezza e la fruibilità del museo. Il «lavoro, mastodontico», come evidenzia lei stessa, «porterà di sicuro una migliore esperienza di visita a questa struttura che fu istituita nel 1882, ma le cui radici risalgono al 1784».

Dopo anni di cantieri intensi il museo si presenta con una struttura ammodernata e curata sotto tutti i punti di vista. Merito certamente del lavoro della direttrice, che il prossimo anno dovrà lasciare la guida del museo fiorentino. Così ha deciso il dicastero della Cultura, attraverso il bando per il reclutamento dei nuovi vertici dei musei italiani che non prevede un terzo mandato per i direttori dei musei.

 

Cecilie Hollberg, cominciamo dalla fine. Può fare un bilancio di questi anni di direzione della Galleria dell’Accademia di Firenze?

«Nel 2015 ottenni l’incarico dall’allora ministro Franceschini che aveva avviato una riforma per portare i musei dal XIX al XXI secolo e su questo mi sono impegnata. Ho avviato e concluso lavori di ammodernamento di un museo splendido, ma che aveva numerosi problemi da risolvere, a partire da quelli strutturali fino alla carenza di personale, che permane tuttora, e anche relativi alla sicurezza come al riordino delle carte e della documentazione. Per questo abbiamo svolto importanti interventi, anche a livello amministrativo, per preparare le gare, cercando di comprendere bene cosa andava fatto per aggiornare, cambiare, modernizzare, migliorare. Abbiamo portato a termine proprio l’anno scorso il rinnovo del museo dalla digitalizzazione all’apertura ai cittadini. Oggi la Galleria dell’Accademia di Firenze è un luogo vivo e accessibile in totale sicurezza. Inoltre, per la prima volta, il museo è stato dotato in tutte le sale di un impianto di climatizzazione di ultima generazione, rinnovando quello esistente che risaliva a quarant’anni fa. È stato rinnovato anche l’impianto illuminotecnico, a Led, elevando così il grado di efficienza energetica oltre a migliorare sensibilmente la loro valorizzazione, offrendo un miglior comfort ai visitatori».

 

Quali sono le peculiarità della Galleria dell’Accademia e che lavoro ha condotto?

«Questo museo, uno dei più famosi e più belli nel mondo, è dominato dal David di Michelangelo: questo capolavoro funge un po’ da… ufficio comunicazione e marketing, che non ho, grazie alla fama internazionale di cui giustamente gode. Tuttavia la Galleria conta anche su tantissimi altri capolavori, finora meno visibili. Su questo abbiamo lavorato, conducendo un’opera profonda di riqualificazione che ha compreso più aspetti. Per esempio, la nuova illuminazione comporta molti pregi: la possibilità di eliminare il calore dei vecchi faretti, il miglioramento della visibilità delle opere, sostituendo la luce diffusa, che non permetteva di dare il giusto risalto a ogni singola opera. Ora il museo vive un maggiore equilibrio, non esiste più l’unica figura visibile costituita dalla scultura del Buonarroti. Oggi tutto è visibile. Un altro obiettivo raggiunto è l’omogeneità di distribuzione dei flussi turistici, prima pressoché concentrati attorno al David. Anche il clima indoor è migliorato grazie all’impianto già citato. Il pubblico si sente a suo agio in ogni singola parte del museo e ha la possibilità di visitarlo nelle migliori condizioni per farlo».

 

Sul David c’è stata anche un’importante decisione riguardante la tutela della sua immagine…

«Dopo la storica vittoria del 2017, quando il Tribunale di Firenze accordò, con un’ordinanza cautelare, tutela all’immagine del David di Michelangelo inibendone l’uso illecito a fini commerciali, la Galleria dell’Accademia di Firenze ha ottenuto proprio in questi giorni un altro decisivo risultato. Per la prima volta si afferma, in una pronuncia di merito, l’esistenza del diritto all’immagine dei beni culturali quale espressione del diritto costituzionale all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono nella medesima Nazione. Artefice di tale fondamentale decisione è il Tribunale di Firenze, che più volte in passato ha accordato tutela cautelare alle istanze rivolte dalla Galleria dell’Accademia, e grazie al quale il nostro ordinamento si pone ora all’avanguardia nel campo della tutela dei beni culturali.

 

La causa contro chi era stata istruita?

«La causa riguarda una famosa casa editrice che, in assenza di concessione all’uso dell’immagine del David di Michelangelo e senza pagamento di alcun canone per l’utilizzo, ha pubblicato sulla copertina di una propria rivista il capolavoro scultoreo, modificato col meccanismo della cartotecnica lenticolare e quindi sovrapposto all’immagine di un modello, persona realmente esistente, il tutto in chiave apertamente pubblicitaria. Il Tribunale di Firenze, accogliendo le tesi sostenute dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, ha affermato che l’immagine dei beni culturali è espressione dell’identità culturale della Nazione e della sua memoria storica da tutelare ai sensi dell’art. 9 della Costituzione».

 

Come si riesce a conciliare l’attenzione alla cultura alla necessità di una sostenibilità economica?

«Siamo molto fortunati perché la Galleria dell’Accademia è molto visitata. Questo è fondamentale, in quanto il biglietto è il principale strumento di sostegno. Si consideri che in questo periodo abbiamo sempre più di 7.000 visitatori al giorno. Tuttavia evitiamo di aumentare i numeri in compresenza. Seppure sia importante la frequenza, è altrettanto importante garantire la qualità della visita, potendo vedere le opere senza essere costretti a muoversi in spazi troppo densi. Negli anni abbiamo riallestito cinque sale, una scelta d’obbligo visti i problemi strutturali e impiantistici. L’intervento ha compreso anche un aggiornamento necessario senza però snaturare il museo. Sono stati scelti colori delle pareti tali da evidenziare al meglio le opere. È stato un lavoro ciclopico e tra questi va ricordata la gipsoteca, riaperta l’anno scorso al pubblico dopo quasi tre anni di lavori, ma siamo felici e soddisfatti del risultato. Perché, è bene ribadirlo, seppure l’aspetto economico sia fondamentale, ciò che conta è la conservazione delle opere e la loro presentazione dignitosa e pienamente fruibile».

 

Quale importanza hanno gli incentivi pubblici e quali il sostegno dei privati? Esistono ancora i mecenati?

«A proposito degli incentivi pubblici, ricordo che la Galleria dell’Accademia è un museo statale. Lo Stato sostiene l’attività del museo, occupandosi principalmente del trattamento economico del personale sul quale non abbiamo autonomia. Quanto al mecenatismo, oggi è un fenomeno molto raro. Il mecenate finanzia, ma non chiede nulla in cambio. Per quanto riguarda i privati, ho fondato l’Associazione degli amici del Museo, nel 2017 il cui unico scopo è proprio di sostenere il museo, fornendoci sostegno per finanziare, per esempio, le aperture straordinarie, potendo coprire le spese per il personale. Possiamo contare sugli sponsor, anche se bisogna essere molto attenti a valutare le offerte in tal senso. Tra le più importanti esperienze di sponsorship ricordo quella con Enel per l’illuminazione della Galleria dei Prigioni e del David. È stata un’esperienza positiva per il museo, ma anche per l’azienda».

 

Cosa servirebbe, a livello economico, per fornire più forza ai musei?

«Si dovrebbe godere di autonomia sul personale. Un direttore di un museo sa valutare bene quale siano i ruoli da coprire e i professionisti di cui ha bisogno. Oggi invece mancano tante professionalità mirate. La Galleria dell’Accademia sarebbe, tra i pochi, un museo in grado di potersi sostenere il personale, grazie agli introiti. Ma mi rendo conto che tanti altri musei non sono così fortunati in questo senso».

 

Lei ha lavorato in Germania, ha contatti internazionali. Rispetto al suo Paese natale, quali sono le differenze che trova nella gestione museale in Italia?

«Partiamo da una premessa importante. Mi ritengo molto fortunata a condurre la Galleria dell’Accademia di Firenze, un museo molto prestigioso, anche se la visibilità comporta anche grandi responsabilità e si presta maggiormente alle critiche. Detto questo, la prima differenza tra le due esperienze è proprio la gestione del personale. Da direttore in un museo in Germania ero nella condizione di poter scegliere, godendo di autonomia».

 

Quale ruolo ha la tecnologia per migliorare la fruizione delle opere d’arte?

«Ha un ruolo a vari livelli. Un primo, importante, passo che è stato fatto approfittando anche dei lavori di ristrutturazione, e ha riguardato le foto digitali scattate a ogni opera da tutti i lati. Quindi adesso abbiamo una documentazione fotografica esaustiva di tutte le opere nel museo, un archivio digitale completo, prezioso per la ricerca, per cataloghi e pubblicazioni. È bene sottolineare che questa documentazione, che sta entrando nel database, non è presente in tutti i musei, anzi direi che è un caso raro. Abbiamo digitalizzato tutto l’archivio di Lorenzo Bartolini che comprende lettere, fatture e note. Stiamo parlando di 28mila scansioni tutte disponibili online.

Inoltre abbiamo lanciato una chatbot, un software interattivo per il David di Michelangelo, frutto della collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. È un utile strumento a cui è possibile rivolgersi in modo giocoso per porre domande sull’opera e ottenere curiosità, informazioni e tutto quello che si vuole conoscere sul capolavoro. È anche possibile contare su audioguide e informazioni reperibili online dal nostro sito web che riporta una grande offerta di podcast, video e laboratori in uno spazio dedicato, Accademia online. Sui social network avviamo giochi, quiz e altre iniziative interattive che vogliono stimolare l’attenzione alla cultura. Contenuti didattici basati comunque sempre su studi scientifici mai banalità».

 

Come si immagina la Galleria dell’Accademia nel 2030 e come state lavorando per renderla una realtà a prova di futuro?

«Me la immagino perfettamente funzionante, grazie al lavoro che ho avuto il merito e l’onere di avere gestito. Parlo di lavori complessi, “scomodi” anche per il fatto che per tre anni ci sono stati i cantieri e lavori in corso per svolgere quanto per decenni non era stato fatto, dalla messa in sicurezza, all’impiantistica nuova, fino al consolidamento della statica. Un lavoro di squadra che ci ha ripagato ampiamente delle fatiche. Il futuro più lontano conterà anche su esperienze digitali, immersive, virtuali, ma sono convinta che il nostro pregio sarà sempre l’osservazione dal vivo dell’arte. Nel periodo della pandemia molti temevano che il rischio di contrarre il virus avrebbe allontanato anche in futuro dalla visita sul posto. Invece c’è stato un ritorno importante, l’aura dell’originale è insostituibile. Quindi nel prossimo futuro il museo starà benissimo perché è ben preparato. Anche giovani e giovanissimi mostrano una grande voglia di vedere, di sperimentare, di conoscere e ammirare dal vivo. E questo è bellissimo perché ci dimostra di aver fatto le cose giuste e di avere un futuro».

 

 

 

 

 

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