Accessibile a tutti, la piattaforma di crowdfunding di Intesa Sanpaolo continua a sostenere il Terzo settore con operazioni sempre molto trasparenti e facendosi carico di tutti i costi di gestione. Intervista ad Andrea Lecce, responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo.
di Roberto Antiseri
Quando Intesa Sanpaolo ha creato For Funding, nel 2017, non poteva certo immaginare quanto successo avrebbe riscosso la sua piattaforma di crowdfunding. La popolarità di For Funding è cresciuta di anno in anno insieme alle persone e alle organizzazioni che amano costruire progetti concreti sul territorio. Ma anche perché For funding offre gratuitamente e a tutti la sua infrastruttura digitale senza addebitare costi di transazione né ai donatori né ai beneficiari. Rafforzando così la vocazione della banca a sostenere piccoli e grandi progetti di solidarietà sociale.
Di questo modello virtuoso di raccolta fondi abbiamo parlato con Andrea Lecce, executive director Impact Bank di Intesa Sanpaolo, al quale abbiamo chiesto quali sono le caratteristiche che rendono peculiare For Funding rispetto ad altre piattaforme di crowdfunding.
Come ha fatto la vostra piattaforma ad affermarsi così in fretta?
«Difficile dirlo. Forse perché sottoponiamo i progetti che accettiamo ai medesimi processi di due diligence che applichiamo anche nei nostri core business e ai nostri fornitori. L’obiettivo è selezionare enti non profit e iniziative solide affinché i soldi donati vengano spesi bene. Per questo diamo anche una rendicontazione puntuale sull’avanzamento delle fasi realizzative dei progetti. Inoltre Intesa Sanpaolo si fa carico di tutti i costi di gestione. Ogni euro donato è un euro portato sul progetto. Non tratteniamo alcuna commissione».
Come è andata la raccolta fondi nell’ultimo anno?
«Direi molto bene. Nel 2021 le donazioni hanno toccato la cifra record di 11 milioni di euro, collocando For Funding al primo posto nel nostro Paese tra le piattaforme cosiddette “donation and reward”».
La piattaforma comprende azioni sia sul versante del crowdfunding propriamente detto sia su quello del cause related marketing. Quale tra le due leve sta funzionando meglio e sta attirando maggiore interesse?
«In realtà la nostra è una formula integrata, di corresponsabilità tra donatori e owner della piattaforma. Le società del gruppo Intesa Sanpaolo, a turno, partecipano direttamente ai diversi crowdfunding. Inoltre la nostra banca rinuncia a parte delle commissioni sui suoi prodotti venduti online per devolverle ai progetti. Il messaggio è che siamo i primi a credere nel valore delle iniziative che proponiamo. In questo modo riusciamo a coinvolgere i nostri clienti anche in azioni di education. Acquistando prodotti e servizi bancari online, infatti, non solo aumenta l’alfabetizzazione digitale, ma si producono anche meno emissioni per gli spostamenti».
Avete progettato anche tre formule tematiche, vale a dire Green, Social e Job, per diversificare gli interventi. Ce ne può parlare?
«Sì, è vero. Il nostro gruppo vuole fortemente essere un motore per lo sviluppo sostenibile e inclusivo del Paese. In particolare lo scorso anno abbiamo lanciato Formula, il programma che all’interno della piattaforma For Funding valorizza iniziative con forte impatto locale, in coerenza con la nostra mission di essere una “banca dei territori”. Il denominatore comune è la loro capacità di incidere per sostenibilità ambientale, inclusione sociale di giovani, famiglie e anziani in condizioni di fragilità, accesso al mercato del lavoro per le persone in difficoltà».
E in questo programma è coinvolto anche il Cesvi?
«Nella selezione sono coinvolte le dodici direzioni regionali della banca, coadiuvate da Fondazione Cesvi, un’organizzazione umanitaria indipendente di alto profilo. Cesvi ci supporta nell’individuare le migliori progettualità e monitorarne in modo sicuro e trasparente i risultati e l’impatto generato. Il programma si rinnova su base regolare. Pensiamo infatti che tre mesi di visibilità per ciascuna iniziativa sia il tempo ottimale per centrare l’obiettivo di raccolta e cominciare subito ad attuare il progetto».
C’è una tendenza statistica nel tipo di richieste di finanziamento che approdano sulla piattaforma?
«La pandemia ha certamente acuito le situazioni di fragilità sociale. C’è però anche un grande desiderio di rendere il mondo migliore sotto il profilo della sua abitabilità, di ritrovare maggiore armonia con la natura. Un esempio per tutti è la mobilitazione nazionale con Jovanotti e il Wwf per ripulire chilometri di coste italiane (Ri-party-amo, ndr.), che sta catalizzando l’attenzione proprio in questi giorni. In questo caso l’obiettivo finale è molto ambizioso, ma spesso con 150mila o 200mila euro di raccolta si riescono già a realizzare progetti locali di grande impatto per le piccole comunità. Quello che conta è saper toccare le corde emotive delle persone. La gioia non è solo di chi riceve, ma anche di chi dona».