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Esperienze del gusto che superano le aspettative

La nuova formula di turismo enogastronomico del Consorzio del Parmigiano Reggiano riparte dalla genuinità dei caseifici e dall’artigianalità della produzione. Con un occhio attento alle opportunità offerte dai canali digitali.

di Alessandro Battaglia Parodi

In questa “nuova normalità” pandemica, che impegnerà ancora gli operatori turistici anche nel 2021, si assiste a un’importante domanda legata ai viaggi del gusto. Visite a numero chiuso, ambienti protetti e grandi precauzioni sono ormai un diktat, e tutti i comparti hanno già iniziato a proporre la propria offerta di valore in vista della graduale riapertura primaverile. Tra questi c’è anche il Consorzio del Parmigiano Reggiano che, con le sue 168mila visite all’anno (dati 2019), ha scelto di strutturare l’offerta turistica mettendo a disposizione una piattaforma di prenotazione delle visite presso i caseifici associati. Di questo e di altri nuovi progetti parliamo con Nicola Bertinelli, presidente del consorzio.

Avete lanciato da poche settimane il vostro progetto “Parmigiano Reggiano Experience”. Come sta andando questa prima sperimentazione?
«Direi molto bene. Con questo progetto il Consorzio ha voluto trasformare una sorprendente esperienza in un vero prodotto turistico, destinato a valorizzare la conoscenza della produzione, l’arte dei casari, la preziosa comunità di persone e saperi. Il progetto parte, naturalmente, dalla forza del prodotto e dai valori di qualità associati, per svilupparsi turisticamente sulle due direttrici dell’innovazione digitale e del legame con il territorio. Le potenzialità del progetto Parmigiano Reggiano Experience trovano riscontro anche nei numeri: nell’arco degli ultimi tre anni le visite in caseificio sono aumentate del + 54,1% arrivando a 168.000 nel 2019».

E nel 2020 come sono andate le cose?
«Il 2020 è stato sicuramente un anno diverso, anche e soprattutto per quanto riguarda le visite, a causa del lockdown e delle restrizioni Covid. Stiamo però sfruttando al massimo questo periodo di transizione per arrivare pronti alla ripartenza: da febbraio, oltre 2.500 persone hanno prenotato la propria visita in caseificio tramite la pagina “Prenota una visita” nella sezione “I Caseifici” del sito web www.parmigianoreggiano.it. Utilizzando diversi filtri e la funzione di ricerca sulla mappa interattiva, l’utente può organizzare, in pochi clic, la propria giornata alla scoperta del mondo del Parmigiano Reggiano. Un’esperienza unica che permette al turista di scoprire i segreti della produzione e di visitare i magazzini di stagionatura, gli spacci aziendali e di degustare le differenti stagionature della Dop più amata d’Italia».

Nonostante il fermo del canale Horeca i consumi di Parmigiano sono aumentati del 6% in Italia e dell’11 all’estero. Ma anche i comportamenti di acquisto sono cambiati radicalmente e si è consolidato un antico fronte, quello del consumo casalingo.
«Anche in un 2020 difficile, il mercato ha premiato il Parmigiano Reggiano. I dati dimostrano come il brand forte e ben posizionato verso il consumatore. Si acquista più Parmigiano perché il crollo dell’out of home è stato compensato da un forte aumento dei consumi domestici. Inoltre, in un momento così difficile, comperare un prodotto premium che in più fa bene, come il Parmigiano Reggiano, rappresenta una piccola coccola».

Nei mesi di lockdown i consumatori hanno riacquisito il gusto di sapori tradizionali ma hanno anche privilegiato l’acquisto online. Quale ruolo avrà il canale digitale in generale per il vostro Consorzio? E le vostre aziende sono pronte per questo salto quantico?
«Il 2020 è senza dubbio l’anno dello shopping online e il Consorzio ha colto questa opportunità lanciando il proprio shop ufficiale (shop.parmigianoreggiano.com) da dove è possibile acquistare il formaggio direttamente dalle mani di chi lo produce. L’obiettivo è quello di aumentare le vendite dirette e di offrire ai 335 caseifici del Consorzio un nuovo strumento di business, in linea con le nuove abitudini di acquisto dei consumatori. I buoni risultati di traffico e vendite stanno già portando crescenti adesioni da parte di altri caseifici e ci auguriamo che l’obiettivo di “portarli tutti a bordo” sia conseguibile. Nell’ottica del Parmigiano Reggiano Experience, per collegarci a quanto detto sopra, lo shop è uno strumento in più a disposizione dei caseifici per costruire una relazione con i clienti tramite la fornitura a distanza del prodotto».

Crede che la formula “Parmigiano Reggiano Experience”, oltre alle ricadute turistiche sui territori di produzione, possa aiutare a esaltare la trasparenza di un prodotto genuino e di qualità, innalzandone anche il “valore” economico complessivo?
«Dobbiamo partire dal presupposto che il consumatore con cui dialoghiamo è sempre più evoluto e maturo. E anche curioso: dei prodotti che è interessato ad acquistare vuole conoscere la storia e le tradizioni che li rendono unici, le professionalità che operano nella filiera e i luoghi d’origine, che spesso andrà poi a visitare. Sono convinto che un brand serio debba soddisfare tutte questa curiosità. E lo può fare ricorrendo a un efficace media mix: dalla carta stampata alla tv, dal sito Web ai canali social. Nel caso del Parmigiano Reggiano, negli ultimi anni abbiamo assistito allo spostamento del focus della comunicazione: non ci limitiamo più a comunicare che il “Re dei Formaggi” è un prodotto buono e di eccellente qualità, ma spieghiamo che è “buono” anche il modo in cui nasce. Di qui l’idea di integrare la tradizionale comunicazione di prodotto con iniziative che potremmo definire di filiera, mettendo in evidenza i valori che animano tutti gli operatori del nostro comparto».

Quindi il focus della vostra comunicazione istituzionale dove si concentra?
«Stiamo parlando, per fare un paio di esempi, della sostenibilità della produzione del Parmigiano Reggiano Dop o del tema della sicurezza alimentare. Il messaggio che vogliamo dare è che scegliere il Parmigiano Reggiano significa tutelare il territorio in cui la Dop viene prodotta, con il suo microclima, le sue risorse naturali, le bovine, i prati stabili, i batteri buoni, il know-how millenario e tuttora artigianale. Penso poi che un discorso a parte meriti la comunicazione che il Consorzio ha portato avanti nei mesi dell’emergenza sanitaria. Il messaggio era finalizzato a rassicurare i consumatori, in particolare italiani: nonostante un quadro complesso, la nostra filiera, composta da 330 caseifici e 2.820 allevatori, non si è mai fermata. E abbiamo rifornito di Parmigiano Reggiano il Paese tutti i giorni, in un momento in cui la disponibilità di prodotti alimentari non era così scontata. Al contempo, è stata una comunicazione studiata anche pensando ai 50mila operatori che, a vario titolo, sono impegnati nella filiera. Era necessario ringraziarli per il loro impegno».

Corre voce che lei voglia creare un grande centro di stagionatura visitabile da tutti, una sorta di museo del Parmigiano che diverrebbe meta di visite turistico-esperenziali, nonché spazio vocato all’incontro di saperi, tradizioni e documentazione storica. Ce ne può parlare?
«Vorrei creare un luogo di ricerca, di studio, di narrazione, visitabile da tutti. Lo penso bello, innovativo, disegnato da un architetto importante. Il luogo che, immagino, sarebbe un museo, un luogo di coltura e di cultura, dove l’autenticità e il gusto convivono. Ovviamente si dovrà discutere, ma questo posto, unico, autentico, deve racchiudere il bello, il buono, ed essere facilmente raggiungibile. A Reggio Emilia c’è l’alta velocità, l’autostrada, e la città rappresenta un baricentrico rispetto al territorio di produzione. Insomma sarebbe una buona idea per sviluppare il turismo, il territorio e per traghettare la nostra tradizione ancora di più nel futuro».


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