L’economia carceraria contribuisce alla crescita del Paese creando un business virtuoso, pulito e solidale. Ne parliamo con Luisa Della Morte, presidente del Consorzio Viale dei Mille di Milano.
di Roberta Morosini
Da quali esperienze nasce il vostro consorzio?
«Il Consorzio Viale dei Mille nasce dall’esperienza di alcune cooperative che operavano già all’interno delle carceri milanesi e dall’impulso dell’assessorato alle Attività Produttive del Comune di Milano, che aveva negli anni precedenti avviato un’attività di sostegno alle cooperative sociali che lavoravano nelle carceri. All’inizio si trattava di cooperative di produzione, che quindi producevano beni che entravano in una rete commerciale, e che però avevano bisogno di un luogo in cui poter avviare un progetto comune, consolidarsi reciprocamente, condividere le esperienze. Così è nato il nostro consorzio».
E che cosa produce?
«Non produce nulla di suo, ma raccoglie i prodotti dei vari istituti carcerari presenti sul territorio italiano e li propone. Si tratta di prodotti provenienti da ogni luogo italiano, di ottima qualità. È un punto di aggregazione di tante realtà carcerarie».
Qual è il modo più semplice per accedere all’acquisto dei prodotti che il consorzio propone?
«Il modo più semplice e più bello è quello di recarsi in Viale dei Mille a Milano, per rendersi conto di persona di quel che viene fatto, un altro è quello di visitare il sito per l’e-commerce, o trovarci in mercati e fiere».
I detenuti come vengono coinvolti?
«I detenuti hanno regolare contratto con le cooperative sociali e lavorano in alcuni casi all’interno del carcere, dove si trovano i laboratori di produzione, in altri invece all’esterno, ma sono detenuti che scontano pene di misura alternativa o che possono uscire per lavorare. Spesso queste attività prevedono la formazione, come nel caso della pasticceria, dei derivati da forno o della sartoria e questo significa che, una volta scontata la pena, i detenuti possono comunque cercare un lavoro grazie a professionalità acquisite durante la detenzione».
Circa il 70% dei detenuti, scontata la pena, torna a delinquere. Il tasso di recidiva di chi ha seguito un percorso di reinserimento durante la detenzione si abbatte al 17%. Questo aspetto viene colto dalla cittadinanza?
«Sono percentuali che dicono molto, purtroppo solo una piccola percentuale della cittadinanza è sensibilizzata in merito alla questione carceri. I fatti di cronaca purtroppo non aiutano a valutare opzioni diverse dalla semplice detenzione, alcune soluzioni alternative potrebbero essere più utili per l’intera società, poiché potrebbero comunque garantire una vita dignitosa ai carcerati, che poi si tradurrebbe in minori recidive e in un reinserimento positivo. Troppe volte i giornali riportano notizie solo negative, e le responsabilità della comunicazione sono enormi. Anziché aiutare a comprendere che un carcere di tendenza punitiva non ha alcuna utilità, si preferiscono le notizie di cronaca spiccia, che non raccontano nulla e tutta la collettività paga, non solo da un punto di vista economico, il costo di un carcere nel quale ai detenuti non vengono date possibilità di reinserimento nella società. Alcuni reati potrebbero essere depenalizzati, le carceri ormai, in questo momento storico, sono piene di persone povere. Senza reddito, senza relazioni, già marginalizzate, per le quali è facile incorrere in un reato. Non è una semplice leggenda infatti che si possa finire in carcere per aver rubato del cibo in un supermercato. Forse con reale sostegno alla povertà, alcuni reati nemmeno verrebbero commessi».
Perché un consorzio?
«Perché non è un’attività strettamente legata a una cooperativa, ma ha l’ambizione di raccogliere diverse realtà, ecco quindi l’esigenza di un contenitore che tenga insieme le diverse identità ma anche valori comuni e soddisfacimento dei bisogni in maniera maggiormente proficua per i soggetti coinvolti. Per esempio stiamo pensando a una piattaforma e-commerce europea, con altre realtà europee che mettono in vendita prodotti e servizi di altri detenuti e carceri europei».
Come finanziate le attività del consorzio?
«Le attività di vendita coprono il costo del personale e gli spazi. Per i progetti bisogna sempre contare su contributi pubblici e di fondazioni».