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Beni culturali, un’indagine indispensabile

La Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali sta avviando una preziosa ricerca conoscitiva delle diverse realtà impegnate nella gestione del patrimonio culturale italiano. Per partecipare c’è tempo fino a novembre.

 

di Franco Genovese

 

Sta per concludersi la grande ricerca condotta a livello nazionale dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali per studiare le differenti esperienze di partecipazione alla gestione del patrimonio culturale italiano. Iniziata a dicembre 2021 e tuttora in progress, l’indagine La partecipazione alla gestione del patrimonio culturale si concluderà a novembre 2022 e permetterà di individuare e apprezzare meglio i gruppi, le comunità, le associazioni e le realtà italiane che gestiscono beni architettonici, archeologici e di carattere naturalistico. Un lavoro di mappatura immenso che consentirà di conoscere le storie e i motivi di successo delle diverse iniziative con l’obiettivo di progettare percorsi formativi volti a valorizzare le competenze di chi anima i processi di partecipazione culturale.

L’iniziativa della Fondazione ha un altissimo valore documentale e prevede un evento conclusivo con l’organizzazione di una giornata di studi e la pubblicazione di un ebook sulla lunga attività di indagine, che è fissata al 28 febbraio 2023.

Da dove nasce la ricerca

La ricerca è indirizzata a tutte le comunità informali o formali che operano nella gestione del patrimonio culturale italiano e si inserisce in un quadro di intervento molto più ampio che riguarda le prospettive europee di valorizzazione dei beni culturali scaturite dall’avvio della Convenzione di Faro. Si tratta di una “convenzione quadro” a livello comunitario che promuove una comprensione dettagliata del patrimonio culturale e delle sue relazioni con le comunità di riferimento. La convenzione è entrata in vigore a giugno 2011 ed è stata ratificata da 21 Stati membri del Consiglio d’Europa, tra cui l’Italia nel 2020.

La Convenzione di Faro parte dal presupposto che la gestione dell’immenso patrimonio culturale europeo non dovrebbe essere affidata soltanto alle autorità nazionali, regionali e locali ma coinvolgere anche i cittadini, le organizzazioni e le piccole e medie imprese locali per svolgere un ruolo attivo nel proteggere e potenziare la propria ricchezza culturale. L’obiettivo è mantenere le comunità più forti e coese promuovendo un processo di valorizzazione partecipativo. In questo grande progetto ogni Stato membro può definire autonomamente gli strumenti più utili ad attuare la convenzione in funzione dei propri quadri giuridici o istituzionali.

L’inedito ruolo delle comunità

La ricerca promossa dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali si muove quindi nel solco di questa grande vision europea e intende studiare e mappare i processi di partecipazione alla gestione del patrimonio culturale insieme alle loro mille casistiche, cercando di identificare gli elementi che ne incoraggiano lo sviluppo, i fattori frenanti e le competenze diffuse nelle differenti aree del Paese.

L’intento è riuscire a progettare specifici percorsi formativi in grado di sostenere e animare nel tempo queste importanti sinergie territoriali che, grazie alla Convenzione di Faro, possono ora emergere e rappresentare un driver di sviluppo di portata rivoluzionaria. Il concetto stesso di patrimonio culturale viene infatti arricchito di nuovi significati trasformandosi in una vera e propria “eredità culturale” che è ora riconosciuta come risorsa preziosa e indispensabile per lo sviluppo sostenibile di una comunità e per il miglioramento della sua qualità di vita complessiva.

Per chi vuole partecipare

L’operazione di raccolta delle informazioni è tuttora in corso ed è aperta a chiunque voglia partecipare alla ricerca. La Fondazione ha messo a disposizione già da molti mesi una rilevazione online tramite un breve questionario e invita tutte le associazioni, i gruppi e le istituzioni che operano nella gestione del patrimonio culturale a contribuire, con la propria esperienza, a questa fase di raccolta e di ascolto. Ciò permetterà di organizzare una mappa complessa delle diverse esperienze di gestione del patrimonio culturale, che sono anche molto eterogenee tra loro. Il fine ultimo, dopo 12 mesi di indagine, è riuscire a sviluppare proposte di azione da rivolgere ai policy maker, nonché a individuare le competenze necessarie allo sviluppo dei processi partecipativi delineando, in ultima istanza, i fabbisogni e i percorsi formativi per creare nuove professionalità.

 

Per avere maggiori informazioni e partecipare alla ricerca, consultare la pagina dedicata sul sito della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali.

 

 

 

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