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Sistemi sostenibili, ecologici e autopoietici: tra realtà e utopia

autopoietici AI

Le immagini delle devastanti inondazioni, le mutazioni improvvise climatiche, la siccità, i preoccupanti livelli di inquinamento di suoli, acque, aria conferiscono una sensazione di impotenza al singolo cittadino che, seppur adottante uno stile di vita ecologicamente virtuoso, assiste a tali fenomeni da spettatore e, sempre più frequentemente, da vittima impotente.  

di Rita Rainone

Gli studi e le analisi ecologico-ambientali sono sostanzialmente incentrati sugli effetti delle azioni dell’uomo relativamente ai processi produttivi e di fruibilità. Ma quanto la società è in sinergia con l’ambiente e come l’uomo nel concetto sistema – ambiente si identifica?

L’autopoiesi

Dal punto di vista sociologico, considerate le svariate teorie, interessanti appaiono quelle autopoietiche, finalizzate alla lettura del complesso rapporto tra ambiente naturale e società.
Se l’autopoiesi in biologia è la capacità di riprodurre sé stessi, essa è caratteristica di sistemi viventi organizzati e produttivi. Punta a preservare l’organizzazione di fronte a mutamenti che possono intervenire nello spazio fisico in cui esso opera e mira a ricostruire gli elementi stessi nei casi in cui eventi imprevedibili, imprevisti o inevitabili comportino spostamenti dall’assetto predefinito.

La sociologia

L’organismo umano, tanto per fare un esempio realistico, è una macchina perfetta, modello concreto di autopoiesi, che nel ciclo vitale crea, distrugge e rigenera se stesso al fine di mantenerne l’organizzazione interna efficiente. Ogni singolo componente del corpo umano è a sua volta un sistema autopoietico (di livello gerarchico inferiore) indipendente e dotato di una propria organizzazione e struttura. Interagisce con l’esterno, mantenendo la sua autonomia e la sua autodeterminazione. Dal punto di vista sociologico, è possibile applicare questo sistema a una comunità più o meno allargata? E quanto questo può essere efficace in termini ecologico/ambientali?

Gli interrogativi

Queste domande se le son poste diversi studiosi (Maturana, Varela, Luhmann) e, per quanto essi siano pressoché concordi relativamente sull’efficacia di un’impostazione autopoietica in termini sociali, produttivi ed ecologico/ambientali, dal punto di vista dell’applicabilità ne rimarcano sostanziali debolezze.  In termini ecologico/ambientali, un sistema autopoietico necessita di un contesto caratterizzato da forti interazioni tra gli elementi al suo interno. I segnali, provenienti dall’ambiente esterno e nel contesto circoscritto al sistema, visti come elementi di variazione, vanno letti come potenziali compensazioni del sistema stesso al fine di mantenerne costante l’organizzazione interna (la propria autonomia/identità).

Allopoietico

Ma un organismo autopoietico può esistere solo finché mantiene il rapporto perturbazione/compensazione con l’ambiente. Nel momento in cui tale rapporto viene minacciato, per ragioni interne o a causa di eventi provenienti dall’esterno, perde la sua identità e finisce per disintegrarsi, scomparire o trasformarsi in un nuovo sistema autopoietico con un’organizzazione modificata. Nel caso non riesca a rigenerarsi, perde la propria autonomia diventando un sistema allopoietico. Ecco, dunque, che in un contesto globalizzato, un sistema autopoietico vacilla, ancor più in considerazione delle “perturbazioni” di natura ecologico/ambientale.

La comunità

Immaginando una comunità di persone che imposti il proprio sistema in una logica autopoietica e sostenibile, questa vivrebbe di vita propria, avrebbe una propria economia utile per il sostentamento e per l’approvvigionamento dall’esterno di risorse non producibili autonomamente. In questo modo, con le sue componenti umane e materiali, costituirebbe un sistema che si autodeterminerebbe e si autososterrebbe, esistendo e mantenendo il rapporto perturbazione/compensazione con l’ambiente circostante. Ma l’ambiente circostante sarebbe in grado di garantire alla comunità l’assenza di minacce?  La comunità sarebbe in grado di gestire le mutazioni improvvise climatiche, la siccità, i livelli di inquinamento di suoli, acque, aria senza perdere la propria identità, mantenendo il rapporto perturbazione/compensazione con l’ambiente a garanzia del sistema autopoietico?

La risposta

La si può trovare tornando all’esempio del sistema autopoietico del corpo umano: è impensabile immaginare un soggetto “chiuso nel suo guscio”, che inizi e termini il proprio ciclo vitale senza interagire con altri o senza averne effetti. Già solo per il semplice fatto che per riprodursi necessiti di un altro organismo e che i geni che vanno a formare il corredo genetico del nuovo essere vivente sono in parte proveniente dal padre e in parte della madre, rendono il nuovo nato un essere generato da un sistema allopoietico. Senza contare, a meno che non si sia in una condizione di isolamento estremo (es. eremiti), le sollecitazioni, le necessità e le interazioni nel corso della vita da e verso altri soggetti che possono mettere a rischio o modificare anche sostanzialmente i singoli equilibri. Questo anche nei casi di impostazioni individuali virtuose che per forza di cose subiscono condizionamenti.

L’utopia

Dunque, per quanto immaginifico e romantico, un sistema autopoietico, concepito in chiave sostenibile ed ecologico-ambientale, si rivela un’utopia poiché è verosimilmente impossibile riuscire a preservare la sua natura di fronte a mutamenti che possono intervenire nello spazio fisico interno ed esterno. O che riesca a ricostruire gli elementi stessi in caso di eventi imprevedibili, imprevisti o inevitabili senza mutare l’assetto predefinito. Occorrerebbe una impostazione sostenibile ed ecologicamente efficace a tutti i livelli, che generi un rapporto sinergico tra le diverse realtà preservando le singole identità e riuscendo a mantenere in equilibrio il rapporto perturbazione/compensazione nel contesto globale.

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