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Un’occasione che il Paese non può perdere

Vito Grassi

All’Italia spetta il compito di presentare a Bruxelles, entro il 30 aprile, il proprio Piano di ripresa e resilienza, grazie al quale otterrà le ingenti risorse del Next Generation Eu. Intervista a Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria.

di Roberta Morosini

La bozza di Pnrr è al vaglio delle Commissioni parlamentari e sta provocando un intenso dibattito. Il tema principale della discussione è come mettere a terra il piano, ovvero come rendere utili le risorse destinate all’Italia. Stiamo parlando di rilancio del Mezzogiorno, alleggerimento della burocrazia, infrastrutture materiali e immateriali. Ma anche dell’apertura alle economie del Medio Oriente, di giovani, di coesione sociale e di tutte le sfide sulle quali può puntare l’Italia. Insomma, il Next Generation Eu è un’occasione da non perdere. Ne parliamo con Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali.


Vicepresidente, lei che è un imprenditore del Sud, intravede nella bozza di Pnrr il possibile rilancio del Mezzogiorno?

«Il Piano Next Generation Eu rappresenta un’opportunità senza precedenti per realizzare un programma massiccio di investimenti pubblici e privati, che rilanci la competitività del sistema produttivo italiano nella fase di ripresa post-pandemia e che dia un nuovo impulso al Mezzogiorno. Il Recovery è “l’occasione” che il Paese non può perdere. Fare presto e bene è un imperativo categorico. E bisogna utilizzare quei fondi non solo per riparare i danni che abbiamo subito dalla pandemia, ma anche per affrontare una serie di punti deboli che frenano la crescita economica da troppo tempo».


Quali sarebbero questi punti deboli?

«Con il Recovery abbiamo la straordinaria e imperdibile opportunità di dare un colpo di spugna alle inefficienze croniche del Paese, realizzare le riforme strutturali indispensabili per uscire dalla crisi e creare le condizioni per il rilancio della nostra competitività: dal fisco alla burocrazia, per liberare finalmente le imprese da adempimenti e costi inutili, fino alla giustizia civile e agli investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali. Non possiamo perdere questa sfida perché in gioco c’è la possibilità di fare finalmente dell’Italia un Paese occidentale moderno in un’Europa moderna. Qualche settimana fa l’agenzia di rating Moody’s ha lanciato un monito: un’eventuale incapacità di utilizzare il Recovery potrebbe causare pressioni sul rating, cioè ridurre il voto di affidabilità che viene dato al credito del Paese. È un ulteriore pressing, questa volta che arriva dal mercato, dopo quelli delle istituzioni europee – commissione Ue e Bce in primis – sull’utilizzo di queste risorse per avviare il cambio di passo di cui il Paese ha bisogno».


Ci sono delle misure del Recovery plan che la convincono più di altre in questa bozza?

«Per quanto riguarda il Sud ci aspettiamo che il Piano possa promuovere, così come chiede l’Ue, la crescita economica delle aree in ritardo per riallinearle all’economia delle altre regioni italiane ed europee, affinché il Mezzogiorno torni a contribuire allo sviluppo del Paese. Dall’Europa viene richiesto che le risorse siano prioritariamente indirizzate a bloccare il crescente divario infrastrutturale tra regioni meridionali e settentrionali: colmare il deficit di reti stradali, alta velocità, infrastrutture portuali per valorizzare il Mezzogiorno come baricentro dei corridoi di comunicazione e di trasporto tra l’Europa e le principali direttrici globali».


E tra gli interventi strutturali quali potrebbero essere i progetti più stimolanti secondo lei?

«La scommessa vincente e utile per tutto il Paese dovrebbe essere quella di trasformare l’Italia in un grande hub euromediterraneo degli scambi, aprendosi a economie che, in Medio Oriente come in Africa, o sono già emerse prepotentemente o lo saranno in futuro. Ma per vincere questa scommessa occorre ripartire dalla crescita infrastrutturale del Mezzogiorno e della sua portualità utilizzando lo strumento delle zone economiche speciali come attrattore di investimenti e insediamenti produttivi. Dobbiamo lasciarci alle spalle un’idea di Sud solo orientato al turismo e rimetterlo al centro dello sviluppo, nell’interesse del Paese tutto, partecipando alla grande opera di rilancio del nostro apparato produttivo, costruendo sbocchi di mercato per le nostre aziende e per la nostra creatività. È una sfida che necessariamente ci rimanda a una riforma vera della pubblica amministrazione, all’adozione di procedure speciali riservate a chi vuole investire, a una più agile e moderna governance dei processi amministrativi e realizzativi, condizione del resto obbligatoria per accedere alle risorse europee».


Quali sono invece le misure che mancano?

«L’efficacia della misura di Recovery, come di tutte le altre risorse messe a disposizione dall’Europa, dipenderà dal buon uso che ne verrà fatto, nella pianificazione come nell’esecuzione. Non si tratta, per la gran parte, di sovvenzioni ma di prestiti. E quindi andranno restituiti, sia pure nel lungo periodo e a condizioni finanziarie convenienti. Questo significa, tuttavia, differire alle future generazioni l’onere già pesante del debito che il Paese accumulerà e ha accumulato. Una circostanza che impone una rigorosa valutazione della bontà della spesa e degli investimenti destinati a far crescere il Paese e ad assicurare condizioni migliori di quelle di oggi alle prossime generazioni. Il nodo è tutto qui. Il buon uso dei fondi è richiesto e agevolato dai controlli che l’Unione europea farà».


E pensa che saranno spese in modo virtuoso queste risorse?

«Non si tratta di aver soldi da spendere. Si tratta di progetti da attuare, da verificare nella loro adeguatezza, nell’efficacia ed efficienza, nella tempistica e nei risultati che si attendono. Occorre pertanto individuare interventi significativi, efficienti e realizzabili che creino sviluppo. Meno ristori e più crescita, meno contributi e più investimenti. Spingiamo per un rinnovato rapporto pubblico-privato che faccia da moltiplicatore delle risorse disponibili e sia realmente attrattivo per gli investimenti privati. Con lo sguardo sempre attento al rafforzamento della coesione sociale e al futuro delle giovani generazioni. Sono quelle che pagano e alle quali questi fondi devono essere prioritariamente destinati, nella formazione, nello sviluppo e nella crescita del Paese».


Come pensa che gli italiani guardino al futuro?

«Gli imprenditori guardano al futuro con fiducia. L’Italia in questo momento è nelle condizioni di mettere in campo la massima competenza possibile, aprendo una stagione di dialogo, di scelte forti, quindi all’altezza della complessità delle sfide che ci attendono. Confindustria ha espresso al Premier il più convinto sostegno all’azione che dovrà intraprendere e la speranza che il consenso parlamentare riservato al suo programma sia ampio e solido. Perché c’è davvero molto da fare e bisogna farlo presto e bene. A noi sta a cuore la cura e la ripartenza del Paese. E siamo pronti a dare il nostro contributo».

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“La nostra mission consiste nel dotare i lettori di un magazine in grado di decifrare il vasto mondo della gestione d’impresa grazie a contenuti d’eccezione e alla collaborazione con enti pubblici e privati.”

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