Negli ultimi anni, la sostenibilità è emersa come un principio fondamentale del modo di fare business, non è più solo una scelta ma una necessità pressante. Questo cambiamento è stato guidato dalle crescenti preoccupazioni ambientali, sociali ed etiche che permeano la nostra società.
di Giovanni De Chiara
Le grandi imprese stanno assumendo un ruolo di leadership, adottando azioni concrete come beneficenza, supporto alle comunità locali e riduzione delle emissioni, ma anche le piccole e medie imprese (PMI), considerate il tessuto connettivo dell’economica, stanno riconoscendo l’importanza di integrare la sostenibilità nei loro processi aziendali.
I rating ESG
L’ascesa dei nuovi indicatori, come i rating ESG, ha rivoluzionato il modo in cui valutiamo le prestazioni aziendali in termini di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG). Tutte le più importanti rating agencies, come Moody’s, Standard & Poor’s Global Ratings e Fitch Ratings, propongono sul mercato i propri rating ESG, che si impegnano a registrare le performance ESG delle aziende interessate e a tradurle in una valutazione da comunicare al mercato.
Studi e tendenze di mercato dimostrano che le aziende con un profilo ESG positivo registrano le migliori performance, sia in termini di business che sul mercato azionario. Se fino ad ora queste iniziative ESG erano fondate su una base volontaria e interessavano principalmente le multinazionali quotate, con l’intervento delle istituzioni comunitarie attraverso la Corporate Sustainability Reporting Direttiva (CSRD), anche le PMI sono chiamate a rendere conto della propria sostenibilità.
Le date
Con la CSRD, entrata in vigore dal Gennaio 2023, l’Unione Europea ha ampliato il bacino di utenti obbligati a svolgere una rendicontazione di sostenibilità con requisiti più stringenti sulle informazioni da rendicontare.
Il coinvolgimento, graduale, è così predisposto:
- Dal 1° gennaio 2024: le imprese quotate con almeno 500 dipendenti e almeno una delle seguenti caratteristiche:
- Attivo patrimoniale superiore a 20 milioni di euro;
- Ricavi Netti superiori a 40 milioni di euro.
- Dal 1° gennaio 2025: le grandi imprese non quotate che rispettano almeno due dei criteri seguenti:
- Attivo patrimoniale superiore a 20 milioni di euro;
- Ricavi Netti superiori a 40 milioni di euro.
- Numero medio di dipendenti maggiore o uguale a 250
- Dal 1° gennaio 2026: le PMI quotate che possiedono almeno due dei criteri seguenti:
- attivo patrimoniale compreso tra 350.000 e 20 mln €;
- ricavi netti tra 700.000 e 40 mln €;
- numero medio di dipendenti tra 10 e 250.
- Dal 1° gennaio 2028: le imprese figlie e succursali con capogruppo extra-UE che hanno generato in UE ricavi netti superiori a 150 mln € per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi, e che hanno almeno una di queste caratteristiche:
- un’impresa controllata soddisfa i requisiti dimensionali CSRD;
- una succursale ha generato ricavi netti superiori a 40 mln € nell’esercizio precedente.
La direttiva coinvolge le PMI quotate in borsa, ma anche le aziende non quotate saranno coinvolte nella sfida della rendicontazione sulla sostenibilità. Le PMI, infatti, potrebbero essere chiamate a fornire informazioni sulla sostenibilità in quanto parte della catena del valore di imprese che sono tenute a redigere il loro rapporto di sostenibilità in conformità alla CSRD.
La nuova sfida
Dunque, se le PMI non affrontano questa sfida, potrebbero perdere opportunità di business e rischiare di essere escluse dalle catene del valore di aziende che pongono sempre più enfasi sulla sostenibilità. La mancata conformità ai requisiti di rendicontazione sulla sostenibilità potrebbe danneggiare la reputazione e la fiducia degli investitori, dei clienti e delle parti interessate, riducendo così le opportunità di crescita e sviluppo a lungo termine. Inoltre, la mancanza di trasparenza sulla sostenibilità potrebbe rendere più difficile l’accesso ai finanziamenti e alle risorse, limitando ulteriormente le prospettive di crescita delle PMI nel contesto economico attuale sempre più orientato verso la sostenibilità.
Le PMI dovranno anche affrontare una nuova sfida nel rapporto con le istituzioni finanziarie. A partire dal 1° gennaio 2024, le banche dovranno calcolare e divulgare il Green Asset Ratio (GAR), che misura la percentuale di esposizioni sostenibili rispetto al totale delle attività. Ciò sottolinea l’importanza per le PMI non solo di attuare azioni per migliorare la propria sostenibilità, ma anche di misurarle accuratamente e comunicarle in modo efficace.
In questo contesto, ottenere un rating ESG diventa cruciale per le PMI. Non solo certifica le loro iniziative, ma le rende anche concrete e tangibili agli occhi degli investitori, dei clienti e delle istituzioni finanziarie.