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La maternità ha oggi il suo Codice di autodisciplina

EUGENIA MARIA ROCCELLA, MINISTRO PER LA FAMIGLIA, LA NATALITÀ E LE PARI OPPORTUNITÀ, MARINA ELVIRA CALDERONE, MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

È stato presentato il nuovo Codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità, che si affianca così alla Certificazione della parità di genere nella tutela delle donne negli ambienti di lavoro.

 

di Edmondo Giroud

 

Dopo molti mesi di attesa è stato finalmente presentato il Codice di autodisciplina di imprese responsabili in favore della maternità. Il nuovo istituto permetterà alle aziende di aderire su base volontaria ad alcuni principi a sostegno dei percorsi di carriera delle lavoratrici madri, affiancandosi alla Certificazione della parità di genere nelle imprese quale strumento per incoraggiare l’empowerment femminile nel mondo del lavoro. La presentazione ufficiale del Codice è avvenuta nell’ambito del convegno “La maternità (non) è un’impresa”, svoltosi a Roma il 7 novembre scorso presso la Camera di Commercio di Roma, alla presenza della ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Maria Roccella, e la ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone. L’incontro è stato l’occasione per illustrare l’approccio trasversale di questo nuovo strumento sul tema della natalità che, come certificato dall’Istat, continua a registrare in Italia record negativi con effetti avversi sull’economia, sul mercato del lavoro e sul modello sociale.

Il significato del Codice di autodisciplina

Come è stato ampiamente dimostrato, le sperimentazioni attivate in molte imprese responsabili a favore della maternità hanno determinato un tasso di natalità maggiore rispetto alla media e una maggiore valorizzazione della componente femminile nei luoghi di lavoro. Il sostegno alla natalità e alla parità di genere è inoltre un obiettivo strategico per l’intero sistema Paese, e questo vale in special modo per l’Italia, come emerge con drammatica evidenza da recenti dati Istat. Nel giro di 10 anni la popolazione calerà infatti di 1 milione e 200 mila unità, che saliranno a 5 milioni nell’arco di 30 anni. Si tratta di una peculiarità tutta italiana all’interno di uno scenario già piuttosto sfavorevole nei Paesi occidentali, che vede l’affievolirsi del senso del futuro e la crescita di un clima culturale ostile o quantomeno indifferente all’impegno materno.

In altri Stati europei, come Francia e Germania, la decrescita è stata arrestata grazie a politiche pubbliche di sostegno alla procreazione e alla prima cura dei figli, anche se persistono freni e nodi culturali che ne diminuiscono l’efficacia. L’introduzione del Codice di autodisciplina in favore della maternità sui luoghi di lavoro ha quindi il compito di favorire la diffusione di un nuovo approccio nelle relazioni organizzative in favore delle donne lavoratrici e madri.

Un nuovo welfare aziendale per le mamme lavoratrici

Il Codice è stato redatto ispirandosi alle buone pratiche già in atto, incluse quelle realizzate dagli enti bilaterali e dai fondi sanitari, e rappresenta uno strumento di moral suasion che si affianca alle misure volte a favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro. L’obiettivo dichiarato è quello di ridurre il fenomeno delle dimissioni per maternità, ancora molto diffuso, e di creare un clima culturale ed economico di collaborazione tra aziende e dipendenti sul tema delicato della maternità. L’adesione al Codice è lasciata alla libera determinazione delle imprese che desiderano attuare politiche in favore della maternità e a sostegno dei percorsi di carriera delle lavoratrici madri.

I punti cardine del nuovo approccio

In base a esperienze già consolidate, il Codice indica sostanzialmente tre ambiti di comportamento aziendale che favoriscono la continuità di carriera delle madri, le iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute delle stesse e l’adattamento dei tempi e modi di lavoro insieme al sostegno alle spese per la cura e l’educazione dei figli.

Nel primo gruppo di comportamenti virtuosi sono compresi il diritto all’informazione continua rispetto all’evoluzione dell’azienda e dell’area professionale della lavoratrice durante i periodi di astensione dal lavoro, a partire dal diritto-dovere della formazione mirata e dal sostegno al benessere psicofisico nella fase di rientro al lavoro, oltre alla piena considerazione della maternità nei percorsi di carriera e all’analisi corretta del gender pay gap per i periodi di astensione.

Per quanto riguarda il secondo punto, relativo alle iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute, le aziende devono garantire campagne di prevenzione e vaccinazione, screening periodici e pacchetti checkup dedicati alla maternità e grande attenzione alla medicina di genere, comprensiva dell’assistenza sanitaria integrativa. Infine, per quanto riguarda l’adattamento dei tempi e modi di lavoro delle mamme lavoratrici, le imprese dovranno offrire la possibilità di congedi e aspettative più lunghi, in caso di maternità o paternità, rispetto alla legge e ai contratti nazionali, in un clima di collaborazione tra azienda e dipendenti. Dovranno inoltre garantire la flessibilità di orario d’ingresso e uscita, il passaggio al part-time verticale e orizzontale e l’utilizzo del corretto smart working, oltre a offrire la disponibilità di asili nido e copertura delle spese per la prima infanzia, l’educazione e l’assistenza domestica.

Un nuovo orizzonte strategico per le aziende

Grazie all’adesione a questi tre principi di comportamento virtuoso le piccole e medie imprese possono ora iniziare a sviluppare soluzioni collettive in favore della maternità. In collaborazione con enti bilaterali e fondi sanitari diventa così percorribile l’iter per la creazione di pacchetti maternità per il rimborso di spese sanitarie preparto o per il sostegno alla natalità con bonus alla nascita e all’adozione di un figlio, così come per l’integrazione economica nel periodo facoltativo del congedo. Le imprese realmente responsabili nei confronti della maternità partecipano in questo modo alla mobilitazione diffusa del Paese per favorire la natalità, con strumenti collettivi nati dalla collaborazione tra sindacati e associazioni datoriali e concorrendo a produrre un contesto favorevole al welfare integrativo a sostegno della maternità.

 

 

 

 

 

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