In fermento il mondo del ‘Bio-Vigneto’. Si tratta di risorse importanti considerato che in Italia, nonostante il 20% della SAU (Superficie agraria utilizzata) vitata è costituita da vigne coltivate con metodo biologico, la viticoltura si trova davanti a sfide epocali
di Pasquale Carlo
Centro Studi Food & Sustainability di Sef Consulting
Nell’ultimo decennio la viticoltura biologica in Italia è notevolmente cresciuta: le superfici sono passate dagli 82.067 ettari del 2015 ai 135.867 ettari del 2022, di cui 103.844 ettari a coltivazione biologica effettiva e 31.823 ettari in conversione (per passare alla viticoltura biologica, il viticoltore deve rispettare un periodo di conversione di tre anni).
Sono proprio gli ettari vitati in conversione a dimostrare il forte trend crescente del “BioVigneto Italia”:
Nel 2022 le superfici coltivate in conversione hanno toccato la cifra di 31.823, facendo registrare un incremento del 30% rispetto all’anno precedente, quando si contavano 24.552 ettari (fonte: Sinab – Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica). Si tratta di una cresciuta supportata dalla crescente domanda di mercato e dalle politiche istituzionali.
Le filiere
Al fine di favorire le forme di produzione agricola (e vitivinicola) a ridotto impatto ambientale e per la promozione di filiere e distretti di agricoltura biologica il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha messo a disposizione un fondo di 12 milioni di euro per contributi alle filiere biologiche giuridicamente costituite o costituenti in raggruppamenti di imprese, aventi almeno le seguenti caratteristiche:
- compagine costituita da operatori biologici e/o in conversione, coinvolti nella produzione primaria con la partecipazione di almeno un operatore coinvolto nella preparazione e nella distribuzione di prodotti agricoli ed agroalimentari biologici;
- gli operatori biologici coinvolti nella produzione primaria presenti nel raggruppamento dovranno essere in numero maggioritario, e dovranno avere nel complesso sede operativa in almeno 5 Regioni e/o Province autonome;
- i soggetti del raggruppamento dovranno avere interessi comuni nella commercializzazione di uno o più prodotti della filiera biologica.
La formazione
La viticoltura biologica (come tutta l’agricoltura biologica) costituisce un’arma strategica per la mitigazione dei cambiamenti climatici e per frenare la perdita di biodiversità, rappresentando in Italia (e nell’intera Europa, il continente più vitato) una vera “transizione ecologica” per quanto riguarda il comparto agricolo. I viticoltori si trovano alle prese con la diffusione e/o l’incremento di diverse patologie della vite il cui svilupparsi è favorito da condizioni climatiche diventate più critiche (peronospora, oidio, flavescenza dorata, malattie del legno, fillossera). La filiera della vite biologica richiede, dunque, innovazioni scientifiche e tecnologiche mirate non solo a contrastare il decremento della produzione, ma tutti quei fattori che mettono a rischio anche la perdita della capacità produttiva del suolo, essenziale per la biodiversità, l’ambiente e la sicurezza alimentare.
Di fronte a questo scenario, i viticoltori e i produttori di vino Bio, anche se mediamente formati in innovazione agronomica e tecnologica, necessitano di un’attività di formazione attraverso progetti comuni partecipativi, che consentano il dialogo tra tutti gli attori della filiera. Fondamentale in questo momento spingere su ricerca, formazione, innovazione e assistenza tecnica agli operatori, elementi indispensabili per una conversione al Bio fatta nel migliore dei modi, supportata da competenza e professionalità.
La promozione
A questo scambio di informazione/formazione deve associarsi un’azione di promozione. Pur rappresentando ancora una componente di dimensioni limitate rispetto al mercato complessivo del vino, il biologico fa emergere indiscutibili segnali di grande vivacità anche a seguito del notevole interesse che fanno registrare i mercati nazionali e, soprattutto, quelli internazionali. Questa crescita comunque fa i conti con una criticità legata al giusto prezzo. Si tratta di un aspetto importante per l’equilibrio della filiera, un approccio etico perché tutti gli attori siano adeguatamente remunerati, generando dinamiche vantaggiose anche per tutta l’agricoltura.
Il mercato
Secondo i dati del rapporto ‘Organic Wine Market Forecast to 2028’, la dimensione economica del mercato del vino biologico è destinata a toccare nel 2028 un valore di 24,55 miliardi di dollari (raddoppiando rispetto ai numeri del 2022, quando si è attestato a 12,47 miliardi di dollari), con un ritmo di crescita annuo del +12%. Questo marcato incremento è favorito soprattutto dalla crescente preoccupazione per la salute e per una vita sana tra i consumatori. Emerge però che nel mondo enologico italiano la dimensione del biologico, in relazione alle Denominazioni di origine, non è ancora sufficientemente valorizzata per il suo favorevole apporto alla promozione. Il vino bio prodotto in Italia rappresenta circa 3 milioni di ettolitri, quindi solo il 6% dell’intera produzione nazionale. Un divario marcato – quello tra uve biologiche effettivamente prodotte e quantità di vino biologico che finisce sul mercato – che si ripercuote, in termini economici, soprattutto a danno dell’anello debole della filiera (i viticoltori). Investire in formazione e promozione acquisisce dunque un valore importante non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale ed etico, per garantire il futuro di una filiera produttiva che lavora anche a beneficio dell’ambiente.
Approfondimenti sulla misura a cura di Sef Consulting
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